Javier Marías (2) e il passato che non passa mai
Avevo scritto sull’ultimo romanzo di Javier Marías per sottolineare come si presti perfettamente come testo-pretesto, ovvero punto di partenza e stimolo per una sessione filosofica nell’ambito della philosophy for community (P4C). Non avevo però recensito il libro, che è un grande romanzo, come del resto tutte le altre prove letterarie dell’autore spagnolo, fra i più grandi di oggi.
Come ho raccontato in una recensione dettagliata, che qui potete leggere, in E così ha inizio il male (Einaudi) Marías è abilissimo nell’intrecciare la storia di una coppia con quella della Spagna. A fare da trade union è il rapporto con il passato o, meglio, il modo in cui il presente è condizionato dal passato e da come ci poniamo rispetto ad esso.
Nel caso della coppia, la totale mancanza di comprensione e perdono per una colpa compiuta dalla donna si traduce in un disprezzo tale del marito verso di lei. Mentre lo stesso uomo dimostra flessibilità e disponibilità a stendere un velo sul passato a proposito di un amico che si sarebbe macchiato di gravi nefandezze durante il regime di Franco.
Perché questo doppio atteggiamento verso una colpa del passato? Solo per il fatto che l’una lo colpisce personalmente, mentre l’altra riguarda in generale il suo Paese e sperare che la giustizia si compia in maniera piena è una pura illusione? Nella recensione citata ho cercato di seguire l’indagine dell’autore spagnolo.
Michela Murgia, maestra e allievo a lezione
Ciò che più mi ha colpito del nuovo romanzo di Michela Murgia, Chirù, edito da Einaudi, è la scrittura, uno stile teso a indagare in profondità la psiche e l’anima dei suoi personaggi. Mi sembra ammirevole la sua capacità di dare espressione attraverso la parola ai moti dell’animo, ai sentimenti, alle vibrazioni interiori.
Chirù è un testo raffinato, nel quale in realtà succede poco: un ragazzo di 18 anni, violinista, chiede a un’attrice affermata di venti anni più vecchia di lui di fargli da maestra. Inutile dire che non si intende certo il tradizionale rapporto fra insegnante e alunno, bensì qualcosa di diverso e più profondo: la ricerca di una guida nella vita.
Non accade molto, in termini d’azione, come dicevo, perché il romanzo si gioca sui percorsi interiori e sulle dinamiche che si instaurano fra i due, fra la maestra e l’allievo.
Un romanzo interessante, che merita sicuramente di essere letto, che porta con sé anche qualche polemica, per il fatto che l’autrice ha creato, ancor prima della pubblicazione, un account Facebook del personaggio che dà il titolo, Chirù appunto, nel quale egli interviene come se fosse una persona vera e propria. In questa recensione ho sviluppato la mia analisi del romanzo. E ho risposto alle punzecchiature di Aldo Grasso sul Corriere della sera.
Mi piacerebbe conoscere l’opinione di chi ha letto il libro della Murgia.
Javier Marías e le sue storie filosofiche
Questo è il mio primo post all’interno del blog sulla categoria “P4C (PHILOSOPHY FOR CHILDREN AND COMMUNITY”. Chi conosce la “filosofia per bambini” sa di che cosa sto parlando; per spiegarlo agli altri, in poche parole, direi che è la pratica della filosofia con i bambini.
Non si tratta quindi di insegnare la storia della filosofia ai bambini, ma di fare filosofia – pensare – insieme a loro. Il metodo adottato è il curriculum Lipman, il filosofo americano collaboratore di Dewey che può essere considerato il fondatore della philosohy for children.
Il curriculum Lipman – ovvero la metodologia attraverso il quale si fa filosofia con un gruppo – è in realtà applicabile a qualsiasi altra forma di comunità: i lavoratori di un’azienda, gli insegnanti di una scuola, gli anziani di una casa di riposo, gli abitanti di un quartiere…
In questa sezione del mio blog tornerò su questa esperienza, sul metodo, sulle iniziative. Per ora mi limito a dire che da poco è iniziata anche la mia avventura in questo mondo: dopo aver frequentato il corso di formazione di Acuto, sto svolgendo il tirocinio per conseguire il titolo di Teacher riconosciuto dal Crif, il Centro per la ricerca e l’indagine filosofica.
Ora, una delle questioni centrali della P4C, sia quando viene svolta con i bambini, sia quando è praticata in altre comunità, è il cosiddetto testo-pretesto, vale a dire quel testo a partire dal quale si innesca la discussione filosofica. Accanto ai testi canonici, in sostanza quelli di Lipman e qualche altro, è aperta la questione di quali testi possano essere assunti per svolgere questa funzione.
Anche su questi temi tornerò in seguito, ma in questo momento mi preme svelare che ho trovato un autore che, con i suoi libri, si presta perfettamente ad assolvere questa funzione. Si tratta di Javier Marías, grande autore spagnolo, vincitore di molti premi, e autore di alcuni romanzi fondamentali come la trilogia Il tuo volto domani e Domani nella battaglia pensa a me (citazione di Shakespeare, un autore a cui è molto legato).
Ebbene, leggendo il suo ultimo romanzo, Così inizia il male, pubblicato come sempre da Einaudi, mi sono imbattuto in una serie di brani che non solo si prestano perfettamente a fare da testo-prestesto per una sessione di P4C, ma sembrano essere stati scritti proprio per questo! Fra i tanti esempi, ne cito un paio. Fra pagina 23 e pagina 25, attraverso i suoi personaggi, portati a riflettere insistentemente sulle cose che accadono, Marías offre spunti di eccezionale forza per indagare i temi della verità, della falsità e della memoria. Poco più in là, fra le pagine 27 e 29, un altro testo assai stimolante per una sessione che verta sui concetti di verità e decisione.
Lo stile dell’autore spagnolo è talmente adatto come punto di partenza per una discussione filosofica che alla fine ho segnato con la classica orecchia alla pagina tutti i brani utilizzabili per tale scopo.
Ishiguro, ricordare o dimenticare il passato?
Non delude mai Kazuo Ishiguro. Nei suoi libri ci si perde, perché è uno di quegli scrittori che sa trascinarti in un universo, farti vivere le emozioni dei suoi personaggi, perché senti che sta parlando delle tue stesse emozioni. Oltre all’arcinoto Quel che resta del giorno, Non lasciarmi è un’altra lettura indimenticabile. E avevo ammirato anche la raccolta di racconti Notturni, inspiegabilmente criticata da alcuni.
Di Ishiguro mi incanta la raffinatezza con cui penetra nel cuore dell’uomo e quell’atmosfera struggente e malinconica che è una cifra del suo stile.
Con queste premesse, capirete con quale stato d’animo ho letto il suo ultimo romanzo, Il gigante sepolto, tradotto in italiano come sempre dall’editore Einaudi.
Si può forse restare stupiti dalla scelta di adottare il genere fantastico, da parte di un autore sofisticato e raffinato come lui. Ma basta leggere poche pagine per rendersi conto che Ishiguro lo declina a modo suo, inventando una nuova, affascinante esplorazione dell’animo umano.
Jovanotti: io penso positivo, ancora
Il mio lavoro mi ha portato a intervistare Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Il cantante più ascoltato su Spotify nel 2015, come è stato reso noto proprio oggi.
L’ho trovato, prima ancora che un musicista interessante per l’entusiasmo che suscita in tante persone, una persona piacevole, intelligente, capace di riflettere sulla vita in maniera non stereotipata. Credo che l’intervista che ho citato documenti in maniera inequivocabile lo spessore della persona.
Tra le altre cose, non abbiamo potuto esimerci dal commentare i fatti drammatici di Parigi. Non nascondo che le sue idee – non si tratta di una scontro di civiltà, dice nell’intervista, ad esempio – mi trovano del tutto concorde. Il titolo di copertina “Io penso ancora positivo” testimonia la volontà – nonostante tutto – di guardare al bello della vita, di non rassegnarci, di andare avanti.
La sera prima avevo partecipato al suo concerto a Rimini, dove ho apprezzato soprattutto la parte visiva dello spettacolo.
Claudio Magris, lezione sulla storia
Avercene di intellettuali come Claudio Magris. della sua immensa cultura, della sua umanità, della sua lucidità. Qualità che si esprimono non solo nei saggi, ma anche nei romanzi. L’ultimo, Alla cieca, del 2004, era semplicemente sconvolgente. Il nuovo, Non luogo a procedere (Garzanti), è una sfida all’intelligenza del lettore, una profonda meditazione sulla storia.
Il tema è – a mio parere – il male come gran signore dell mondo, della storia. Un male inellutabile, pressoché invincibile, se non fosse per un’arma affidata a noi uomini, alla nostra responsabilità: la memoria della verità storica, attraverso la quale rendere giustizia alle vittime di ogni tempo.
In questa recensione ho cercato di raccontare il romanzo e di spiegarne il senso.
Ammaniti, Anna meritava di più
Da un po’ di tempo, anzi ormai da parecchio, non riesco ad apprezzare i libri di Niccolò Ammaniti. Ho la sensazione che, dopo il grande successo ottenuto con i suoi primi testi e fino al premio Strega, non si sia più “ripreso”, nel senso che è un po’ prigioniero di se stesso. Con il risultato di romanzi che puntano a colpire il lettore con effetti speciali, ma privi di autentica ispirazione e di profondità.
Non fa eccezione l’ultimo suo lavoro, Anna, in testa alle classifiche di vendita. Qui spiego perché non mi ha convinto.
Maurizio Maggiani e i padri che fecero la nazione
Ho avuto la fortuna di conoscere di persona Maurizio Maggiani, scrittore pluripremiato (Viareggio e Canmpiello, fra i tanti): a volte capita che la conoscenza personale dell’autore getia una luce sinistra anche sulla sua opera, con lui è accaduto il contrario. Maggiani è persona – prima che scrittore – sensibile, autentica, poetica…
Ad ogni modo, restando nell’ambito letterario, il suo talento come affabulatorio non teme confronti con nessuno. Dalle sue sorie bisogna lasciarsi prendere, seguendo il flusso narrativo, ricevendone in cambio emozioni e pensieri profondi.
Don Milani, una lezione ancora da imparare
Ieri sera ho presentato a Vigevano nell’ambito della rassegna letteraria l’incontro con Agostino Burberi, allievo di don Milani. Fu il primo bambino che il sacerdote vide quando, la sera del 7 dicembre del 1954, entrò nella chiesa di Barbiana. A fare il chierichetto c’era prorio lui, Burberi, che fece parte del nucleo originario dei primi 6 bambini che frequentarono la scuola di don Milani.
La sua testimonianza è stata bella e forte. Di certo, la lezione del prete di famiglia borghese cacciato dal prete in quel luogo sperduto che era allora – e in parte ancora è – Barbiana è ancora da studiare e assimilare.
Prendiamo la celebre Lettera a una professoressa (1967).
La parte critica evidenziava cinque nodi problematici nella scuola:
- emargina i poveri
- i programmi sono nozionistici
- è slegata dalla vita reale
- non aiuta i bambini a diventare cittadini consapevoli
- uso il voto in modo improprio
Quante di queste “accuse” sono da considerarsi obsolete?
Guardando alla parte costruttiva della lettera, le cose non cambiano.
In sintesi, si suggeriva di:
- non bocciare
- dare tempo a quelli che sembrano cretini
- dare uno scopo a chi è svogliato
Vi sembrano indicazioni superate, inutili?
Anche il metodo pratico seguito da don Milani e i suoi ragazzi conserva molte indicazioni utili: ad esempio la lettura quotidiana dei quotidiani, il ricorso a ricerche approfondite, i più grandi che insegnano ai più piccoli, i laboratori di scrittura…
Yiyun Li, solitudine alla cinese
E’ interessante vedere come gli autori cinesi raccontano il loro Paese, le profonde trasformazioni che lo stanno attraversando. Se poi l’autore in questione ha un punto di vista esterno sulle sue origini, il suo sguardo diventa ancora più degno di attenzione.
E’ il caso di Yiyun Li, cinese emigrata negli Stati Uniti, che ambienta il suo romanzo Più gentile della solitudine (Einaudi) interamente nel suo Paese d’origine. La storia narrata solo in apparenza è una faccenda “privata”, che riguarda la crescita, i sentimenti, gli amori dei quattro ragazzi protagonisti. Nella loro vicenda è possibile ravvisare una “lettura” della storia recente e del presente della Cina. Qui potete leggere la mia recensione integrale al romanzo.
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