Michela Murgia, maestra e allievo a lezione
Ciò che più mi ha colpito del nuovo romanzo di Michela Murgia, Chirù, edito da Einaudi, è la scrittura, uno stile teso a indagare in profondità la psiche e l’anima dei suoi personaggi. Mi sembra ammirevole la sua capacità di dare espressione attraverso la parola ai moti dell’animo, ai sentimenti, alle vibrazioni interiori.
Chirù è un testo raffinato, nel quale in realtà succede poco: un ragazzo di 18 anni, violinista, chiede a un’attrice affermata di venti anni più vecchia di lui di fargli da maestra. Inutile dire che non si intende certo il tradizionale rapporto fra insegnante e alunno, bensì qualcosa di diverso e più profondo: la ricerca di una guida nella vita.
Non accade molto, in termini d’azione, come dicevo, perché il romanzo si gioca sui percorsi interiori e sulle dinamiche che si instaurano fra i due, fra la maestra e l’allievo.
Un romanzo interessante, che merita sicuramente di essere letto, che porta con sé anche qualche polemica, per il fatto che l’autrice ha creato, ancor prima della pubblicazione, un account Facebook del personaggio che dà il titolo, Chirù appunto, nel quale egli interviene come se fosse una persona vera e propria. In questa recensione ho sviluppato la mia analisi del romanzo. E ho risposto alle punzecchiature di Aldo Grasso sul Corriere della sera.
Mi piacerebbe conoscere l’opinione di chi ha letto il libro della Murgia.
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