30 Gen 2013

La bellezza dell’abbastanza

Per una filosofia dell'abbastanza.

Per una filosofia dell’abbastanza.

Abbastanza è un concetto stimolante e suggestivo. Che cosa significa “abbastanza” (enough in inglese)? E che cosa indica, soprattutto? Va da sé che solo ciascun individuo può stabilire che cosa è abbastanza per sé: ciò che è abbastanza per me può essere troppo o troppo poco per te,  tanto nella vita spirituale e sentimentale, quanto in quella materiale.

In questi anni la categoria dell’abbastanza ha però vissuto un ritorno impetuoso: si parla, ad esempio, di “economia dell’abbastanza”, in opposizione alle tendenze consumistiche e alla logica che più si ha meglio è. Uno degli effetti della crisi è stato proprio quello di indurci a riscoprire il valore delle cose, rendendoci consapevoli che, a volte, aspiriamo al superfluo.

In quest’ottica segnalo l’uscita da Mondadori di Quanto è abbastanza, di Robert ed Edward Skidelsky, il primo docente di Politica economica a Warwick e autore – non a caso – di una monumentale biografia di Keynes, il secondo docente di Filosofia a Exter: bello che siano un padre e il figlio a riflettere insieme su questo tema. La domanda di fondo è: di che cosa abbiamo bisogno per essere felici? Di quanto denaro? Un discorso ampio, che porta a mettere in discussione ad esempio la “dittatura” del Pil (che avrà i suoi meriti in fatto di misurazione della produzione economica di un Paese, ma fallisce drammaticamente nel rilevare tutto ciò che dalla dimensione economica esula) e i nostri stili di vita.

Da tempo grandi economisti hanno dimostrato che, raggiunto un certo grado di benessere, la ricchezza non crea affatto felicità. Un dibattito a cui nessuno – individuo, comunità, istituzioni – si dovrebbe sottrarre.

24 Gen 2013

Pieno sole, piena arte

Un'illustrazione di "Pieno sole".

Un’illustrazione di “Pieno sole”.

Ho già avuto modo di dire che quello per i ragazzi è il più innovativo, dinamico e avanzato settore della narrativa. Soprattutto sul fronte delle illustrazioni si stanno conseguendo risultati straordinari. Se volete una prova clamorosa di questa idea, prendete in mano Pieno sole di Antoine Guilloppé (L’Ippocampo): non un libro, ma un’opera d’arte.

L’autore ha intagliato le pagine a pizzo e dorature, con effetti magnifici, di grande valore artistico. Nella sua brevità e concisione, anche il testo sa essere incisivo, creare attesa e sopresa finale, puntando sul tema più bello e antico: l’amore fra un uomo e una donna, nel paesaggio della savana.

21 Gen 2013

Ciaccio Montalto, la maggioranza degli onesti

Il giudice Montalto.

Il giudice Montalto.

Occupandomi della pubblicazione da parte di Sellerio di Esercizi di cronaca di Vincenzo Consolo, di cui ricorre oggi il primo anniversario della scomparsa, mi sono imbattuto nella figura del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto. Uno dei tanti eroi semisconosciuti che popolano la nostra storia. Seguendo il processo al “Mostro di Marsala”, Consolo conobbe e divenne amico del giudice. Persona seria, intelligente, impegnata a servire lo Stato. Ben consapevole sia della possibilità che in quella losca vicenda fosse coinvolto qualche pezzo grosso, sia di rischiare la vita. Fu ucciso il 25 gennaio del 1983.

Quanto uomini del genere esistono nel nostro Paese? Morti nel silenzio, caduti nell’oblio, eppure figure centrali per la nostra democrazia. Mi piace pensare che siano l’avanguardia di una maggioranza silenziosa che, giorno dopo giorno, senza salire agli onori della cronaca, fa il proprio dovere, vive al meglio la propria vita e la propria professione, nel rispetto delle regole. Sì, questa gente è la maggioranza, quasi sempre soverchiata da una minoranza di faccendieri arroganti che non rispettano nulla, tanto meno la legge. Una maggioranza purtroppo senza voce, sola. Ma dobbiamo ricordarci che esiste, che fra i nostri “vicini” non ci sono solo farabutti dediti all’interesse personale a ogni costo, ma, soprattutto, gente per bene, normale e seria, che vive con dignità.

Il giudice Montalto ci ricorda tutto questo. E non è poco.

 

17 Gen 2013

Concerto per traffico, violino e orchestra

Metti un giorno in cui, a causa delle neve, per andare al lavoro devi lasciare a casa la moto e prendere la macchina. Ti immergi nel traffico, noioso, grigio, inutile. Cerchi una via d’uscita, materiale e metaforica. Vedi il lettore Cd e pensi che potrebbe essere quella la tua ancora di salvezza.

Partono le note di Meditazione in preghiera di Giovan Battista Viotti. Già, chi è? Un grande e affascinante personaggio della nostra storia musicale (1755-1824), genio del violino, ispirato compositore  che girò l’Europa e si trovò costretto a fare anche il commerciante di vino, nelle alterne vicende della vita. A far risuonare il “suo” violino è un maestro come Guido Rimonda, magistralmente accompagnato dall’Orchestra Camerata ducale.

Basta poco, e le strade, le macchine, il fumo che esce dalle marmitte a inquinare il mondo scompaiono. Sei in un’altra dimensione, quella di Viotti, quella della sua Meditazione, quella della musica, dello spirito. Quasi ti dispiace, adesso, quando il traffico corre via veloce. Vivi come una benedizione l’altrimenti odiato semaforo rosso: secondi preziosi per leggere il libretto e sapere di più di questo genio, capace di creare melodie così soavi.

Dopo Meditazione in preghiera, i Concerti per violino 22 e 24, bellissimi. E… Accidenti, sono già arrivato al lavoro!

(Violin Concertos, Decca).

14 Gen 2013

Pi, Ulisse, Giobbe e l’istinto di sopravvivenza

«Dio, ho perso la mia famiglia, ho perso tutto. Che cosa vuoi da me?». «Tu sia lodato per ogni cosa». Sono alcune delle frasi che Pi grida a Dio, mentre vaga con la sua barca in mezzo all’oceano. Ho visto il film di Ang Lee al cinema, tratto dal romanzo di Yann Martel, poco dopo che aveva fatto incetta di nomination agli Oscar, secondo solo a Lincoln di Steven Spielberg.

È un film che non lascia indifferente lo spettatore. Anziutto per la sua straordinaria potenza visiva (da sottolineare il ruolo di un italiano, Claudio Miranda, alla fotografia): sappiamo che la capacità visionaria di Ang Lee è stupefacente. Alcune sequenze sono fra le più emozionanti che io abbia mai visto al cinema.

Mi ha interessato molto la dimensione filosofica del film. Chi è Pi? Un moderno Ulisse, protagonista di un viaggio che sembra infinito, come le cose che gli insegna? Oppure, meglio, un moderno Giobbe, la cui fede viene provata a livelli sempre più profondi? Pi è un ragazzo aperto alle religioni, da tutte accoglie qualcosa, in un personalissimo sincretismo; a somministrargli lalezione del razionalismo è il padre; la letteratura è l’altra grande maestra della sua vita…

Con questo bagaglio, il ragazzo si troverà ad affrontare una prova quasi insostenibile: quella che pone l’uomo di fronte all’istinto di sporavvivenza. Che ne è, allora, dei principi morali, delle leggi divine, della fede?

Un film che merita davvero di essere visto.

 

12 Gen 2013

Chi legge romanzi sa pensare bene

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“Il sonno” di Salvador Dalì.

In un bell’articolo su La Stampa di giovedì scorso Paolo Bertinetti raccontava che le più prestigiose università americane (Harvard, Princeton) hanno inserito l’obbligo di esami in materie umanistiche anche nei corsi di studi tecnici. Un ingegnere, ad esempio, dovrà studiare anche un po’ di letteratura e leggersi qualche romanzo.

Il 19 gennaio all’Università Cattolica di Milano si terrà un’interessante giornata di studi promossa da Pubblicità progresso dall’eloquente titolo: “Allarme pensiero: gli studenti sanno sempre meno ragionare in modo strutturato, argomentato e critico?”.

C’è un forte legame fra le due cose: sono convinto che per aiutare i giovani a maturare la capacità di un pensiero critico gli studi umanistici siano fondamentali. Sono essi a dare la forma mentis necessaria ad affrontare questioni di qualsiasi natura, ad analizzarne i contenuti, a formulare delle ipotesi.

Qualche tempo fa l’Unesco ha prodotto un’esortazione alle nazioni affinché introducessero la filosofia fin nei programmi delle scuole primarie: la filosofia, infatti, è per eccellenza la disciplina che esercita, sviluppa e stimola il nostro intelletto, spingendo l’essere umano a valutare in maniera autonoma e critica ogni problema. Immaginate quale beneficio per le persone e la società ne deriverebbe se gli individui venissero educati al pensiero fin da piccoli… Purtroppo non credo che quel documento Unesco abbia prodotto grandi effetti… Resta il fatto che, soprattutto in un’epoca di vasto impiego delle tecnologie, di sovrabbondanza d’informazione e di complessità crescente (come insegna Edgar Morin: vedi) l’esercizio del pensiero dovrebbe essere la principlae preoccupazione di ogni buon educatore.

Vi sembra che tali idee abbiano non dico spazio nei programmi dei partiti politici, ma che esista almeno un serio dibattito intorno a questi temi?

10 Gen 2013

Silenzio, parla Darwin

Charles Darwin

Charles Darwin

Ogni tanto si torna a parlare del rapporto fra creazionismo ed evoluzionismo, quindi fra fede e e scienza. Nel mio piccolo, non ho mai capito perché i due concetti fossero incompatibili

A costituire problema, per me, era invece l’idea che l’evoluzione, che procede attraverso la selezione del più forte, stridesse con una concezione cristiana e solidaristica della vita e della società: come se il corso della natura escludesse l’amore e la morale…

Un illuminante saggio mi ha permesso di capire come nella sua forma più evoluta – è proprio il caso di dire – l’evoluzionismo si configuri come un superamanto della legge del più forte e sfoci nella nascita della cultura e dell’etica.

Ripropongo un articolo che ho scritto qualche tempo fa per Il nostro tempo su questi temi:

Due importanti anniversari, i 500 anni della scoperta del telescopio da parte di Galileo e i 200 anni dalla nascita di Darwin, ripropongono il rapporto fra fede e scienza, quanto mai attuale per le continue sfi de che la ricerca pone alla religione. Delle “incomprensioni” di cui furono vittime i due scienziati al loro tempo sappiamo molto e non è il caso di tornarci sopra. Vale solo la pena di ricordare che sul “caso Galileo” molto ha fatto, durante il suo pontifi cato, Giovanni Paolo II, avviando e portando a compimento un processo di riabilitazione del grande scienziato, compresa una richiesta di perdono per l’atteggiamento che la Chiesa ebbe nei suoi confronti. Ma è sul caso Darwin che  qui vogliamo concentrare la nostra attenzione.

La scoperta della legge dell’evoluzione attraverso la selezione naturale («L’origine della specie attraverso la selezione naturale» uscì nel 1859) è stata oggetto di quella che a noi, oggi, pare un colossale equivoco, che peraltro allunga i suoi retaggi fi no al presente. A molti ambienti religiosi l’affermazione che la natura si sviluppa per evoluzione risultò incompatibile con la dottrina cristiana, per il fatto che avrebbe escluso l’atto creatore da parte di Dio. Di qui la lunga e tenace contrapposizione fra evoluzionisti e creazionisti che per decenni ha infi ammato dibattiti e pubblicazioni. Ringraziando il cielo, oggi è abbastanza chiaro che l’evoluzionismo può essere serenamente accettato dai credenti, in quanto non elide affatto la possibilità che all’origine della vita ci sia la creazione. Che il creato avanzi per evoluzione, in altri termini, non esclude l’idea di un creatore. L’evoluzione è la modalità secondo la quale il creato procede.  Accostandoci serenamente ai risultati della ricerca dello scienziato inglese, ci sembra che emerga un altro nodo che, per le sue implicazioni, può rappresentare un problema per i credenti.

Ci spieghiamo. Assodato che la natura procede per evoluzione secondo la legge delle selezione naturale, ovvero la lotta per la sopravvivenza che fa prevalere gli organismi più attrezzati e più capaci di adattarsi all’ambiente su quelli più deboli, non possiamo non ravvisare in questa legge un tratto brutale, violento: il più forte ha la meglio sul più debole, il più capace vince a discapito del meno capace… In tutto ciò, colui che si è formato ai principi del Vangelo e della cultura cristiana non può non percepire un elemento “anticristiano”. Non costituisce un problema serio, per quanti credono che il comandamento assoluto sia quello dell’amore, che non solo non esclude nessuno, ma anzi si dirige in maniera privilegiata ai più deboli, agli “ultimi”, che il mondo proceda secondo una logica opposta? E poi, per riprendere Galileo, se il libro della natura rispecchia la grandezza del suo creatore, com’è possibile che porti impressa una legge tanto brutale?

Il quesito assume tutta la sua forza drammatica nel momento in cui il ragionamento si estende dalla sfera naturale a quella sociale, dalla natura alle relazioni umane. Per inciso, si noti che le teorie razziste o favorevoli all’eugenetica potrebbero trovare radicamento (e storicamente lo hanno trovato) in questo pensiero. Ad aiutarci a dare una riposta a tale interrogativo interviene un libro prezioso. Si intitola «Effetto Darwin» e l’ha scritto un fi losofo francese, Patrick Tort (Angelo Colla editore, pp. 200, euro 21). Tort tematizza e chiarisce una serie di punti della massima importanza. Intanto, vale la pena essere informati del fatto che Darwin per tutta la vita praticò la carità e il sostegno ai deboli. Inoltre si batté, ad esempio, perché i poveri avessero le stesse opportunità dei ricchi in fatto di procreazione. Era dunque in contraddizione con la sua stessa teoria? La sua biografia smentisce le sue scoperte? «Effetto Darwin» dimostra il contrario: lo fece in accordo con esse. Innanzitutto, è un errore pensare che Darwin accettasse di allargare i principi e gli effetti della sua teoria dal mondo naturale a quello sociale. C’è naturalmente una corrente di pensiero che, partendo dai suoi scritti, si è mossa in tale direzione, ed è il cosiddetto darwinismo sociale. Il che non equivale a dire che il naturalista inglese la pensasse così: al contrario, non ha mai autorizzato ad estendere sic et simpliciter la legge dell’evoluzione per selezione naturale alla sfera umana.

Quello che sostenne in proposito è una cosa diversa e al tempo stesso fondamentale. La selezione naturale non seleziona soltanto quelle variazioni organiche che meglio rispondono alle esigenze di adattamento e di cambiamento dell’ambiente, ma anche una serie di istinti sociali che, nel loro progredire, determinano la nascita di ciò che chiamiamo cultura e senso morale. Assistiamo insomma non solo a un’evoluzione biologica, ma anche un’evoluzione sociale, culturale e morale. E siamo così al punto decisivo: quanto più l’evoluzione “umana” si affi na, tanto più essa produce la civiltà, che tende a “ribellarsi” alla legge della selezione naturale, promuovendo la difesa del debole e degli ultimi. Il punto di partenza resta dunque, senza eccezioni, quello della legge naturale. Questa, tuttavia, non genera solo cambiamenti organici, ma anche sociali-culturali-morali, che hanno un effetto reversivo sulla stessa legge della selezione naturale da cui provengono, nel senso che tendono a negarla ed eliminarla. La selezione naturale produce la cultura, la cultura elimina la selezione naturale, in nome di una morale che eleva a valore non l’esclusione del debole, ma la sua protezione. La selezione naturale finisce con il rovesciarsi nel suo contrario.

Qui possiamo misurare la radicale distanza fra l’antropologia darwiniana e l’antropologia evoluzionista, che richiama astrattamente Darwin, tradendo però i suoi scritti e il suo pensiero. Come credenti che rispettano la libertà di ricerca delle scienze, che non chiudono gli occhi di fronte alle scoperte e che sono convinti che Dio non possa essere estraneo al corso della natura e della storia, contempliamo la spiegazione di Patrick Tort con stupore, gioia, commozione. Si ripete un fatto accaduto tante volte nella storia: soltanto molto tempo dopo l’emergere di una nuova “verità scientifi ca”, ne scopriamo il senso profondo e ci rendiamo conto che la fede è totalmente compatibile con il progresso e non ha paura della ricerca. Anzi, ancora una volta, grazie alla scienza, siamo nella condizione di ammirare quello straordinario libro che è il mondo della natura, scorgendovi lo sguardo di una trascendenza sapiente.

Questo è il link alla pagina de Il nostro tempo: www.ilnostrotempo.it/archiviopdf/2009/tempo_26/ILNTEMPO026G1Q_013.pdf

9 Gen 2013

Divina Commedia, Harry Potter e i bambini

Una delle illustrazioni di Antonio Vincenti.

Una delle illustrazioni di Antonio Vincenti.

Non mi ero reso conto di come la Divina Commedia, se opportunamente raccontata e illustrata, potesse essere uno straordinario libro per bambini. Ne ho avuto la prova in questi giorni. Ho utilizzato il volume edito dall’editrice Monti, illustrato da Antonio Vincenti e “spiegato” da Silvia Vecchini. Sia l’immagine che le fantastiche descrizioni dantesche hanno catturato e affascinato mio figlio di sette anni, meno quello di cinque (forse per lui è troppo presto).

Come potrebbe essere altrimenti? Il mondo fantastico, le creature mostruose, le invenzioni, in generale lo straordinario dispiego di fantasia, immaginazione e potenza visionaria del nostro genio sembrano concepite proprio per colpire la sensaibilità fanciullesca.

Certo, c’è lo scoglio del testo in versi. Per leggere in originale il testo dantesco occorre qualche anno in più, e nulla potrà mai sostituire la forza e la magia della poesia dantesca. Ma perché non preparare i ragazzi attraverso strumento di questo tipo?

Cerbero, le anime dannate, Caronte e tutto l’incredibile paesaggio letterario creato da Dante non hanno nulla da invidiare a Harry Potter e fratelli.

 

7 Gen 2013

Hai votato per le Primarie della cultura?

L'Italia, un puzzle da ricomporre.

L’Italia, un puzzle da ricomporre.

Meno di due mesi e saremo chiamati a votare. La speranza è in una politica che si riscopra – dopo gli inenarrabili scandali – servizio, visione di polis, soluzione dei problemi della gente… La mia personale speranza è che la cultura sia finalmente al centro dei programmitema su cui sono già intervenuto  – e che lo sia anche l’ambiente, che considero parte integrante della cultura stessa.

A tal proposito mi piace solttolineare la bella iniziativa del Fai (il sito è indicato nella sezione link del blog) che invita i cittadini a esprimere le proprie priorità in materia di difesa e valorizzazione dei nostri beni e del nostro patrimonio (cioè, non bisogna mai stancarsi di ripeterlo, della nostra identità, del nostro passato e del nostro futuro, della bellezza, dell’occupazione, di un vero e sano sviluppo, ecc.). I temi più ricorrenti verranno presentati come priorità della società e del Paese al prossimo Governo.

Mi sembra una bella idea: partecipiamo alle Primarie della cultura, facciamo sentire la nostra voce, aiutiamo il Paese a imboccare la strada giusta.

4 Gen 2013

Scandalosa Etty Hillesum

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Etty Hillesum in un fotomontaggio.

Ho concluso la lettura della versione integrale dei Diari di Etty Hillesum pubblicata da Adelphi. Che donna (credo che il complimento le farebbe davvero piacere…).

Confesso che mi hanno sorpreso e spiazzato i primi quaderni, quelli che documentano la relazione con il chirologo Julius Spier, che non avevo mai letto e che, forse, sono meno noti al pubblico. Certamente il rapporto con quest’uomo ha contribuito a forgiare la personalità e l’interiorità della ragazza.

Le straordinarie intuizioni concentrate negli ultimi quaderni – nei quali l’incombere della catastrofe nazista con le deportazioni si fa sempre più concreto e opprimente – trovano varie anticipazioni nelle pagine precedenti, che costituiscono una lunga preparazione allo stato d’animo e alle scelte finali. Il confronto con questi documenti eccezionali colpisce per la straordaria interiorità di Etty: in tempi di materialismo greve e piatto, riscoprire la vita e il pensiero di una donna che è riuscita a scandagliare la spiritualità del proprio animo come pochi altri nella storia sarebbe senz’altro utile. Come ho già detto nel post precedente dedicato alla Hillesum (vedi qui), la lucidità e la serenità con cui riuscì a vedere la presenza di Dio e la bellezza della vita anche nell’orrore più angosciososo rappresentano una lezione vorrei dire inimitabile. Quando dice che l’uomo occidentale – in ciò svantaggiato rispetto all’orientale –  fatica a cogliere le opportunità insite nell’esperienza del dolore e del male, sembra che parli di molti di noi, senz’altro di me.

Infinte le citazioni che vorrei condividere…

“L’unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi è di prepararli fin d’ora in noi stessi”.

“Esisterà pur sempre un pezzetto di cielo da poter guardare, e abbastanza spazio dentro di me per congiungere le mani in una preghiera”.

“Ogni violenza nel mondo ha delle conseguenze, come ogni azione. Esistiamo per prendere su di noi un po’ del dolore del mondo offrendo il nostro petto, non per moltiplicarlo, facendo a nostra volta violenza”.

Se riportassi tutti i passaggi che ho sottolineato ed evidenziato durante la lettura, finerei con lo scrivere a mia volta un lungo libro. Mi limito a dare voce, nello spazio “Preghiere selvatiche del blog”, a un’intuizione “scandalosa” e sconvolgente di Etty. Sarebbe interessante studiare a fondo la sua teologia…

Chi sono

Sono nato a Vicenza nel 1968. Mi sono laureato in Filosofia a Padova con una tesi su Martin Heidegger, poi ho frequentato il Biennio di giornalismo dell’Ifg di Milano. Sono caporedattore e responsabile del settore Cultura e spettacoli di Famiglia Cristiana. Mi sto occupando di Filosofia per bambini e per comunità (P4C). [leggi tutto…]

Preghiere selvatiche

There's a blaze of light In every word It doesn't matter which you heard The holy or the broken Hallelujah
Leonard Cohen