Cultura e ambiente salveranno l’Italia
Questa mattina ho partecipato alla presentazione di Florens 2012. Si tratta della Biennale internazionale dei beni culturali e ambientali. Già il fatto che beni ambientali e culturali siano associati, mi rende questa iniziativa simpatica. Ma è tutta la filosofia di fondo che la ispira a meritare la massima attenzione: rimettere al centro della politica e dell’economia il nostro patrimonio culturale e ambientale, per conservarlo, interpretarlo, “utilizzarlo” al meglio come motore di sviluppo. Anche economico.
Idee da sposare in toto. Dopo la prima edizione del 2010, Florens ci riprova, in una congiuntura favorevole: l’ormai imminente tornata elettorale e la crisi potrebbero finalmente aprire gli occhi di chi ha in mano le sorti del nostro Paese sul fattore cultura-ambiente.
Interessanti gli interventi dei relatori. Cito qualche idea:
– va convinto almeno un politico che il futuro dell’Italia non sta nell’industria, ma nel settore culturale e ambientale, rispetto al quale vantiamo un primato che né la Cina né gli altri Paesi emergenti ci potranno mai sottrarre
– un patrimonio può anche essere distrutto, se conservato male e non valorizzato
– oltre che motore per un nuovo corso economico, l’eredità culturale è anche il terreno in cui si radica l’identità di una nazione
Dal 3 all’11 novembre Firenze diventerà la Davos della cultura e dell’ambiente, con forum, lectio magistralis, conferenze, eventi, fra i quali non posso non citare la grande, immensa croce che Mimmo Paladino porterà in Piazza Santa Croce e “l’ostensione” simultanea dei crocifissi lignei di Donatello, Brunelleschi e Michelangelo. La prima sarà dunque un’opera creata appositamente per Florens, mentre l’ostensione accadrà per la prima volta nella storia.
Consultate il programma e seguite la Biennale sul sito www.fondazioneflorens.it
La differenza… fa la differenza
Riporto qui di seguito il breve intervento con cui ho introdotto la relazione di Vinicio Ongini sulla scuola multiculturale al Festival del diritto di Piacenza.
«Per parlare di scuola multiculturale, il primo passo da fare è, forse, quello di essere consapevoli che essa è una realtà. Non stiamo parlando di un’ipotesi che riguarda il futuro, bensì di un fenomeno che interessa molte città italiane. Vale la pena ricordarlo, all’inizio di questo incontro, perché in alcuni ambiente sembra ancora persistere un’errata percezione della realtà.
Ricordiamo allora qualche numero. Lo desumiamo dal rapporto del Ministero dell’istruzione presentato in occasione del nuovo anno scolastico: quindi dati molto freschi e recenti.
Gli studenti stranieri sono quasi 756.000. Un numero che va interpretato: il 44,2 per cento di questi ragazzi è nato in Italia: si può quindi presumere, per limitarci alla considerazione più immediata, che parlino la nostra lingua. Un secondo elemento: la tendenza è all’aumento, il che significa che non ci stiamo occupando di un fenomeno estemporaneo, passeggero, ma che, al contrario, si rafforzerà negli anni a venire.
Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono le Regioni che più intensamente sono toccate da questa realtà. Un dossier statistico sull’immigrazione della Caritas, datato 2011, poneva la Regione in cui ci troviamo, l’Emilia Romagna, al primo posto in Italia per l’incidenza percentuale degli studenti stranieri nelle scuole: 82.535 studenti, il 14 per cento del totale (era il 13,5 per cento nel 2009).
Se all’Emilia Romagna spetta il primato per l’incidenza degli studenti stranieri, alla Lombardia spetta quello del numero in valori assoluti: il 24,3 per cento degli studenti stranieri in Italia è iscritto in Lombardia (anche qui dati del Miur). Al secondo posto il Veneto, con l’11,9 per cento.
Sempre in Veneto, sono state concesse due deroghe al superamento del tetto del 30 percento di presenza di studenti stranieri previsto dalla legge. Si tratta di due scuole elementari, una nel Veneziano e una nel Padovano, dove la percentuale si attesta fra il 40 e il 50 per cento. Interessante il commento della direttrice dell’Ufficio scolastico regionale: queste percentuali non devono preoccupare – ha detto – perché le deroghe sono state concesse dopo aver verificato che il 42 per cento degli studenti stranieri iscritto è nato in Italia, cioè parlano la nostra lingua.
Per completare questa fotografia della scuola multietnica in Italia, permettetemi di citare due storie.
La prima riguarda la scuola primaria più multietnica d’Italia, quella in via Paravia, zona San Siro di Milano. Ricorderete che un anno fa la scuola non aveva ottenuto l’autorizzazione a formare una prima, perché si superava il tetto del 30 per cento (17 alunni su 19). Quest’anno invece si è partiti, anche se i numeri non sono così diversi: 3 italiani, 18 stranieri, 14 dei quali nati in Italia. Motivazione, fornita da una consigliera comunale: l’anno scorso ci si era fermati alla superficie, cioè ai cognomi, ignorando che gran parte di loro non solo è nata in Italia, ma aveva anche già frequentato la scuola materna. E quindi parla italiano.
La seconda storia mi riporta nella mia zona d’origine, il Vicentino, precisamente a Villaganzerla: l’insegnante di religione, un certo Giuseppe Prisco, ha adottato alla primaria Zanella il metodo della “Regola d’oro delle altre religioni”: semplicemente, insegna le basi di tutte le religioni, coinvolgendo colleghi e famiglie. Il progetto ha funzionato così bene che la festa di fine d’anno ha ricalcato questo modello multiculturale ed è diventata un cantiere aperto di confronto di usi e tradizioni.
Mi avvio a concludere, con alcune riflessioni.
La scuola multietnica è, come abbiamo visto, già ora una realtà, destinata a crescere nei numeri.
Una prima questione: gli insegnanti sono preparati a raccogliere questa sfida? Un’indagine della Fondazione Agnelli ha fatto emergere che il 50 per cento degli insegnanti, uno su due, giudica inadeguata la propria preparazione alla gestione di classi eterogenee: cioè con disabili o stranieri. La sensazione è che l’insegnante sia lasciato un po’ da solo.
Il ruolo dei mediatori culturali: laddove esiste un problema di lingua, o laddove le differenze culturali sono marcate e non ancora aperte al confronto, servono figure capaci di avvicinare lo straniero al nostro mondo. Quanti sono i mediatori culturali? Soprattutto, sono in numero adeguato o sono stati falcidiati dai tagli?
C’è da chiedersi anche: le famiglie sono preparate? Finché il fenomeno riguarda altri, finché è lontano, è anche facile essere tolleranti e aperti. Ma se nostro figlio si trovasse in una classe con molti stranieri, non avremmo la preoccupazione che venisse penalizzato? Come bisogna rispondere alle ansie di questo genitore?
I media, spesso fomentati da alcune prese di posizione dei politici, tendono a dare a volte rappresentazioni drammatiche, estreme di questi fenomeni. In questo intervento ho rammentato in più punti come non si faccia distinzione fra stranieri nati in Italia e che parlano italiano e stranieri arrivati da qualche mese che non conoscono la nostra lingua. Ma la differenza è sostanziale.
Un’ultima questione: la scuola è, oggettivamente, il luogo in cui avviene il primo contatto fra un bambini e la comunità, anzi, fra il bambino e la sua famiglia e la comunità. È il terreno su cui si gioca la prima e forse decisiva partita dell’integrazione, con tutti gli effetti positivi che questa parola implica. Per riprendere il tema di questa edizione del festival del diritto, la scuola è il luogo in cui si costruisce la solidarietà oppure – se al posto dell’integrazione c’è un’esperienza di rifiuto – si pongono le premesse del conflitto. Qui si decide il nostro futuro. Se è così, non è necessario moltiplicare gli sforzi affinché questa occasione non venga sprecata?».
Nelle classi multiculturali si impara di più
Ho avuto il piacere di presentare l’incontro di Vinicio Ongini sulla scuola multiculturale al Festival del diritto di Piacenza. Condivido alcune riflessioni che sono state fatte, alla presenza di un nutrito gruppo di insegnanti.
– Della scuola, in generale e nello specifico del tema della multiculturalità, si tende a parlare male, evidenziando le esperienze negative e trascurando quelle positive
– La presenza di studenti stranieri nelle classi, l’eterogeneità delle classi, come l’ha definita Ongini, è fattore di ricchezza e di stimolo nell’apprendimento per tutti (lo dice l’esperienza di chi ha insegnato in tali classi)
– Si tende anche qui a fare di tutte le erbe un fascio: ad esempio, si parla genericamente di studenti stranieri, senza distinguere – un verbo su cui Ongini ha insistito – fra quelli nati in Italia e quelli nati all’estero, quelli che parlano la nostra lingua e quelli che non la conoscono… Differenze non da poco…
Ongini, per chi non lo conoscesse, è uno dei massimi esperti dell’argomento. Consiglio a tutti la lettura del suo viaggio nella scuola multiculturale, Noi domani, pubblicato da Laterza.
Paesaggio, bene comune (forza Monti!)
La lettera indirizzata dal Forum nazionale “Salviamo il paesaggio” al ministro dell’Agricoltura Mario Catania, mi permette di recuperare una notizia di qualche giorno fa che non esito a considerare epocale, qualora si traducesse in realtà. Il Consiglio dei ministri il 14 settembre scorso ha approvato un disegno di legge per la difesa e valorizzazione dei terreni agricoli.
Il testo contiene alcuni punti fondamentali:
– viene fissato un limite di legge alla cementificazione, ovvero al consumo del suolo
– viene introdotto il divieto di mutamento di destinazione (i campi per i quali sono stati concessi aiuti di Stato non potranno essere impiegati per altre finalità per cinque anni)
– viene cancellata la possibilità di utilizzare i cosiddetti oneri di urbanizzazione per la spesa corrente degli enti locali (dal 2007, un funesto provvedimento ha permesso che i soldi pagati dalle imprese edili ai Comuni per costruire fossero usati non soltanto per portarvi i sevizi: ringraziando il cielo, si stabilisce di tornare al passato)
Per apprezzare appieno il disegno di legge, va tenuto conto che in 40 anni ci siamo mangiati (mai termine fu più appropriato) un terriotorio esteso come la Lombardia, la Liguria e l’Emilia Romagna. E che l’Italia non è in grado di soddisfare nemmeno il suo fabbisogno di prodotti agricoli: dobbiamo importare dall’estero in parte latte, olio…
Per me, qualora diventasse legge, si tratta di una rivoluzione. Non solo per gli effetti diretti, peraltro urgenti e necessari (stiamo coprendo di un manto di cemento la nostra terra), ma anche per la visione politica e strategica che il provvedimento esprime: la natura, il paesaggio, insieme alla cultura, sono il più grande bene di cui dispone il nostro Paese. Soprattutto in tempi di crisi, potrebbe dare lavoro e “sfamarci”, oltre a mantenere intatto l’incanto del nostro territorio. Solo il cedimento agli interessi più bassi e materiali, in questi anni, ha potuto permettere uno scempio di cui dovremo rendere conto agli uomini – in particolare agli uomini di domani, i bambini di oggi – e a Dio (vi assicuro che sono parle misurate, per come la penso).
Mi ha un po’ sorpreso che le associazioni ambientaliste e tutti i cittadini di buona volontà non siano immediatamente intervenuti per esprimere un deciso sostegno a questo illuminato disegno. Spero mi sia sfuggita qualche iniziativa. E ben venga la lettera del Forum nazionale “Salviamo il paesaggio”.
Che cosa intendi per “rispetto”?
Rispetto: parola stupenda, quanto abusata. Pretendono rispetto persone e gruppi che non lo meritano; viceversa, chi lo meriterebbe, spesso, non ha la fortuna di “riceverlo”. Eppure un’etica senza rispetto o, più radicalmente ancora, una vita senza rispetto è inimmaginabile. Vale la pena allora cercare di indagare il concetto.
Possiamo farlo con l’ausilio di un bel volumetto di Roberto Mordacci, docente di Filosofia morale all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, intitolato semplicemente Rispetto (fa parte della collana Moralia, diretta dallo stesso Mordacci).
In breve, la lettura del saggio, pubblicato da Raffello Cortina, mi ha lasciato queste indicazioni:
1) storicamente il rispetto si è declinato come rapporto asimettrico, diseguale, fra un inferiore e un superiore
2) il rispetto della persona o dell’individo in quanto tale è una conquista moderna
3) essa si fonda sul riconoscimento della persona
4) tale riconoscimento scaturisce dalla consapevolezza che l’individuo è portatore di un quid irriducibile: la libertà o capacità di autodeterminazione
5) anche le espressioni della creatività umana (le opere d’arte ad esempio) e la natura (animali, paesaggio) hanno diritto al rispetto, secondo una gradazione determinata dalla gerarchia ontologica
6) fondamento necessario della morale, il rispetto deve avere anche una valenza politica
Gli spunti, come si vede, non mancano.
Prima pensare, poi parlare (o scrivere)
Un bell’articolo di Cristina Taglietti su la Lettura del Corriere della sera di domenica 23 settembre offriva interessanti elementi sul tema che ho affrontato in uno dei miei pezzi. In breve: oggi più che mai siamo sollecitati a scrivere, parlare, dire la nostra, prendere posizione, insomma esporci… Le nuove tecnologie hanno esasperato questa tendenza, portata dalla società dell’apparenza e dell’io, garantendo a tutti un pulpito e una potenziale platea di uditori.
L’articolo della collega si intitola Spegnete sms e tablet. I ragazzi non sanno leggere. Richiamo uno dei passaggi cruciali: «Si è passati da un’idea di lettura che richiede silenzio e solitudine, a quella attuale fondata su impazienza e interruzioni». Qualcuno ha scritto che siamo passati da una lettura – quindi un sistema di apprendimento – verticale (che dal testo rimandava a un livello più profondo di simboli, significati, segni la cui comprensione richiedeva concentrazione e riflessione) a una lettura orizzzontale (per cui si scivola da una cosa all’altra, velocemente, senza soffermarsi). Altro passaggio fondamentale: «Forum, sms, Facebbok e Twitter veicolano testi non argomentativi, sconnessi: la scrittura è diventata una pratica non controllata». Risultato? I docenti si dicono preoccupati, perché i ragazzi non sono più in grado di affrontare ed esaminare untesto scritto.
I genitori sono soliti dire ai figli, troppo impulsivi e istintivi: “Pensa, prima di parlare”. Vale per tutti, con l’aggiunta: “Pensa e leggi, prima di parlare e di scrivere!”.
Se la memoria m’inganna (Vera letteratura: 2)
Vi avevo parlato di Maledetto Dostoevskij di Atiq Rahimi, definendolo un romanzo bellissimo, di quelli che ci ricordano che cos’è la vera letteratura. Ora, poiché non è facile imbattersi in libri che abbiano una statura del genere, non perdo l’occasione per inserire nella categoria “vera letteratura” (di qui il titolo di questo articolo) Il senso di una fine di Julian Barnes, vincitore del Man Booker Prize e pubblicato da Einaudi. Romanzo potente, vicino alla perfezione. Anche in questo caso la “prova orecchie” non lascia scampo.
Un’altra prova a cui sottopongo i romanzi che leggo è quella del tempo. Se una storia mi ritorna alla mente nei giorni successivi, una volta terminata la lettura, significa che mi ha lasciato un’eco profonda, che non è scivolato sulla superficie della mia coscienza, che ha inciso la mia sensibilità.
Il senso di una fine è la storia di un uomo mediocre, che mediocremente vorrebbe chiudere la sua parabola esistenziale. Qualcosa, dal passato, lo costringe a rivedere sotto un’altra luce se stesso e la vita fin lì vissuta. Un thriller piscologico sul valore dei ricordi, la forza mistificatrice del ricordo, la responsabilità individuale, il rapporto fra libertà e destino. Una gran, bella lettura.
Ecco la recensione che ho scritto per Il nostro tempo: http://www.ilnostrotempo.it/?q=node/280
Filosofia della chirurgia estetica
Un mio articolo per Il nostro tempo su un saggio interessante: Contro la falsa bellezza. Filosofia della chirurgia estetica (il Melangolo): http://www.ilnostrotempo.it/archiviopdf/2011/tempo_02/ILNTEMPO002G1Q_013.pdf
Credo che una delle funzioni fondamentale della filosofia sia proprio quella di sottoporre all’esame critico della ragione fenomeni sociali quali il diffondersi della chirurgia estetica.
Volare in cielo, con Nekrosius
Stasera vorrei tanto essere a Vicenza, all’interno dello stupefacente Teatro Olimpico, di concezione palladiana. Andrà in scena Paradiso di Eimuntas Nekrosius, il regista lituano considerato uno dei maestri della scena contemporanea.
In primavera aveva portato in scena la prima parte del poema dantesco in un festival pugliese. Ora il progetto si conclude a Vicenza. Interessante la prospettiva a partire dalla quale Nekrosius ha sviluppato la sua lettura: la lotta dell’uomo contro la forza di gravità (possiamo ipotizzare che siano i limiti, il male, il vizio insito in ogni persona) per elevarsi verso livelli più alti di esistenza.
Decisivo, in questo percorso dal basso verso l’alto, dalla pesantezza che ci trascina giù alla leggerezza della nostra migliore essenza, sempre secondo l’idea del regista, è la relazione fra Dante e Beatrice. Anche questo, uno spunto interessante.
Beati voi che, questa sera, sarete all’Olimpico di Vicenza. Ci racconterete se vi è piaciuto?
Due incubi e una speranza
Ho due incubi: il cambiamento climatico (vivere in un mondo inospitale per l’uomo) e l’infanzia (l’offesa agli innocenti). Li ho visti rappresentati insieme alla mostra fotografica Infanzia in pericolo. Child survival in a changing climate allo Spazio Forma di Milano.
Ieri ho intervistato il fotografo, Luca Catalano Gonzaga, passato dal mondo della pubblicità alla fotografia professionale di impegno sociale. L’intervista apparirà oggi sul sito di Famiglia Cristiana.
La cosa sorprendente è che, nel rappresentare il dramma, le foto sprigionano comunque una grazia e una bellezza notevoli.
Il messaggio è chiaro: il mondo è in pericolo, guardate che effetti produce sui più deboli il cambiamento climatico. Chiude con una speranza: un reportage dall’India, dove una città viene alimentata dall’energia eolica, senza immettere anidride carbonica nell’atmosfera. Andate a vedere la mostra. E convertiamoci. Info: www.formafoto.it
Chi sono
Pagine
Commenti recenti
Link
- Cultura e ambiente secondo il Fai
- Il sito di Famiglia Cristiana, per cui lavoro
- Per chi vuole muovere i primi passi nella biologia segnalo "Briciole di biologia" di Giovanna Rosati
- Per restare aggiornati (e aggiornare) sulle cose filosofiche
- Un ottimo sito per il cinema
- Un punto di riferimento per la fotografia a Milano