8 Nov 2012

La (buona) solitudine di Paolo Giordano

Un particolare della copertina dell’ultimo romanzo di Giordano.

Ho letto Il corpo umano, il secondo e ultimo romanzo di Paolo Giordano, il giovane fisico che aveva vinto lo Strega con il romanzo rivelazione La solitudine dei numeri primi (entrambi Mondadori).

In attesa di condividere sul blog una recensione ragionata, qualche appunto.

Tanto si è parlato di come il titolo del romanzo d’esordio abbia contribuito in maniera decisiva al suo successo. A mio giudizio, questo secondo titolo, in apparenza piatto e meno evocativo, è molto bello. Da qualche parte ho letto che sarebbe stato l’autore a sceglierlo. Perché lo trovo tanto bello? Perché aderisce perfettamente al contenuto, all’idea di fondo del romanzo.

Giordano è stato molto bravo a gestire l’ansia da prestazione che coglie gli scrittori alla seconda prova. Lui stesso ha raccontato di come ne sia stato vittima. Chissà, il viaggio in Afghanistan, che molto ha ispirato Il corpo umano, forse gli è servito a creare quel distacco geografico e quindi piscologico che gli era necessario per ripartire.

Mi sembra chiaro che Giordano dia il meglio di sé quando indaga “situazioni estreme”, ovvero quelle esperienze in cui l’umanità dei suoi personaggi, messi alle strette, spogliati dalle maschere e dai ruoli sociali, si rivelano per quel che sono, mostrando tutti i loro limiti, le loro contraddizioni, i loro disagi…

Ecco la recensione pubblicata su Famigliacristiana.it:

www.famigliacristiana.it/costume-e-societa/cultura/letto/articolo/la-solitudine-fa-bene-a-paolo-giordano.aspx

6 Nov 2012

Maga Pia e Faccia da mostro: per grandi e…

La copertina della storia sulla maga Pia.

Cari genitori, due bei libri per incantare i vostri bambini. Il primo: Faccia da mostro di Loredana Frescura, illustrato da Sara Not (Piemme, Battello a vapore). Un dialogo misterioso e divertente fra due entità inizialmente non ben identificabili (i miei figli ci hanno impiegato un bel po’ a riconoscerle). I piccoli sono incuriositi  da un disegno allegro, surreale nella giusta misura, fantasioso. I grandi scoprono che non sono stati loro a scegliere i propri figli, bensì loro a scegliere noi…

L’altro è Pia la maga dai capelli rossi di Gianni Cordone, illustrato da Alessandra Cimatoribs (Interlinea, Le rane). Gianni Cordone è una figura interessante, di Vigevano, innovatore nella didattica, eccellente e ironico affabulatore. Come testimonia questo gustosa sua creatura, maga Pia, che riesce a impedire che un bambino faccia pipì a letto, a discapito del povero papà… Il tratto del disegno, sfumato e curvilineo, è fortemente evocativo e magico.

Due storie garantite. E la letteratura per l’infanzia non smette di sorprendermi: sono convinto che sia uno dei settori più vivaci e innovativi della letteatura.

3 Nov 2012

Amour fino alla fine

Ieri sera ho visto al cinema con mia moglie Amour di Michael Haneke, Palma d’oro a Cannes.  Stamattina ho letto qualche recensione. Mi ha colpito che tutte insistano sull’elemento della “denuncia”: della senilità, per quello che è, restituita da uno sguardo rigorosamente realistico; dell’umiliazione inflitta dalla malattia e dalla disabilità; dell’ipocrisia di una società che rimuove tutti quegli aspetti della vita che non corrispondono al modello imperante di efficienza, bellezza, salute, vitalità, edonismo; della solitudine a cui sono condannate le famiglie che hanno un malato o un anziano in casa, e altro ancora…

Non nego che tale elemento sia presente nel film: è semplicemente centrale. Ma, a mio avviso, non l’unico. Mi sembra che Haneke abbia voluto raccontare ANCHE l’amore di coppia nella sua fase estrema e terminale, la devozione commovente di un uomo alla sua donna quando si spoglia di ogni bellezza, fascino, autonomia, dignità. Mi ritrovo nelle parole del portiere del condominio dove abitano i protagonisti: io e mia moglie la ammiriamo molto per come sta affrontando la situazione, dice al marito che si sta prendendo cura della moglie…

Il film si intitola Amour: lo si può leggere come dichiarazione cinica o sarcastica, ma anche come testimonianza dell'”ultimo concerto” nella vita di una coppia.

In ogni caso, un grande film, che farebbe bene a molti vedere. Durante la proiezione mi sono sorpreso a pensare a tutte quelle persone che consacrano la loro vita alla ricerca del potere, causando stress e dispiaceri a chi gli sta intorno. Che ne sarà di loro un domani?

30 Ott 2012

Al contrario di Pinocchio…

Il Pinocchio di D’Alò-Mattotti.

Al contrario di Pinocchio, che nella sua parabola maturò e crebbe a tal punto da diventare bambino – metafora del percorso dal bambino all’adulto, ma, forse, anche, di ogni progresso umano – a volte vorrei tornare bambino. E mi capita quando vedo certe meravigliose illustrazioni destinate all’infanzia: ieri parlavo della Mostra di Sarmede, oggi del Pinocchio che Enzo D’Alò porterà al cinema a febbraio.

Per l’immagine il regista si è avvalso del genio grafico di Lorenzo Mattotti, un maestro mondiale dell’illustrazione. Il suo tocco è poesia pura. Mi verrebbe da dire che il suo sguardo è quello di un bambino: puro, colorato, poetico, allusivo, incantato.

Il connubio Mattotti-D’Alò promette insomma scintille e sogni a occhi aperti. Guardare l’immagine sopra per credere. Nell’attesa del film, da domani si potrà gustare la sceneggiatura, naturalmente illustrata da Mattotti (Rizzoli).

29 Ott 2012

Sarmede, la fantasia al potere

La visionarietà poetica di Clotilde Perrin.

Riuscirò, prima o poi, ad andare a Sarmede, il paese delle fiabe. Molti sapranno che in questo paese in provincia di Treviso si tiene, da 30 anni,  la Mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia: è insomma la capitale dell’immaginazione, delle favole, dei bambini. Quest’anno nasce tra l’altro la Casa della fantasia, una sede permamente che ospiterà mostre, laboratori, incontri…

Ospiti d’onore di questa edizione: il grande Roberto Innocenti e la Russia.

Fino al 6 gennaio, dunque, se siete dalle parti di Sarmede, se avete bambini o se siete rimasti un po’ ragazzi nell’animo e avete voglia di volare sulle ali della fantasia, non predete l’occasione di fare una visita.

I bambini, lo sappiamo, vengono catturati e affascinati prima dall’elemento inconografico, poi da quello testuale. Ma anche gli adulti non possono resistere di fronte a illustrazioni che sprigionano una grazie poetica, una visionarietà, una capacità narrative davvero straordinarie. Trovo che l’immagine, sia essa fotografica o artistica, quando è ben fatta, sia in grado di “commuovere”, cioè di toccare le corde più segrete del nostro cuore.

27 Ott 2012

Il senso di Giuttari per la giustizia

L’ex investigatore e scrittore Michele Giuttari.

Giovedì sera ho avuto il piacere di presentare Michele Giuttari nell’ambito della bella rassegna letteraria di Vigevano. Mi ha colpito molto, questo investigatore, ora in pensione, che dal 1997 è anche un seguitissimo scrittore.

Intanto qualche curiosità. Giuttari ora vive in Germania, in una casa affacciata sulla foresta nera. Scrive in un terrazzo contornato dal verde, dagli alberi e, immagino, da una meravigliosa quiete. Vende tantissimo in generale – in ben 100 Paesi – e negli Stati di lingua inglese in particolare. In Inghilterra, per dire, solo Larsson e Jo Nesbo vendono di più.

Naturalmente non sono mancate “rivelazioni” sulle inchieste e i casi giudiziari che lo hanno visto protagonista. Ha eccezionalmente accettato di parlare del mostro di Firenze: non lo fa volentieri, e anche questa volta ho notato una certa sofferenza nel rievocare questa tragica e incredibile vicenda. La sua ricostruzione del caso è stata da manuale. I presenti hanno potuto finalmente capire che cosa è accaduto, che cosa sia il famoso primo livello – quello degli esecutori materiali, i compagni di merende – e il famigerato secondo livello – quello dei mandanti. Impressionante la serie di tentatativi di allontanare un investigatore di razza come lui da Firenze o, comunque, dalle indagini.

Ma ciò che più di ogni altra cosa mi ha colpito, in Giuttari, è il profondo senso di giustizia e dello Stato. Mi è parso chiaro che la motivazione che, per tanti anni lo ha spinto a cercare i colpevoli dei crimini, è il desiderio di verità e il bisogno di dare giustizia alla vittime. Rispondendo a una mia domanda sulla fiction televisiva sul mostro di Firenze, ha detto più volte che gli era piaciuta perché aveva assunto il punto di vista della vittima e dato voce al suo dolore e alla sua domanda di verità e giustizia.

Avercene di uomini (e scrittori) così…

25 Ott 2012

Così parlò Perazzolo (un’intervista a Libreriamo)

Una home page di Libreriamo.

 

Ho rilasciato un’intervista a Libreriamo (www.libreriamo.it). social book magazine per la promozione die libri e della lettura. Si parla di editoria, autori italiani, impegno civile e altro…

Ecco il link all’intervista:  www.libreriamo.it/a/2912/paolo-perazzolo-una-proposta-editoriale-di-qualita-esiste-ancora-bisogna-imparare-a-scovarla.aspx

post scriptum: per chi non l’avesse colto, c’è un po’ di autoironia nel titolo…

24 Ott 2012

L’alfabeto dell’etica: rispetto

 

Sul sito di Famiglia Cristiana sto curando la serie “L’alfabeto dell’etica”, interviste a filosofi e pensatori che riflettono sulle parole delle morale, come primo passo per un agire più consapevole e responsabile. Vorrei gradualmente portarle anche nel mio blog. Intanto, qui, creo il collegamento all’intervista a Roberto Mordacci sul tema del rispetto:  www.famigliacristiana.it/costume-e-societa/cultura/letto/articolo/rispetto.aspx.

Anche l’intervista a Edgar Morin sul concetto di sviluppo fa parte di questa serie: ne ho già parlato in questo blog.

23 Ott 2012

King Kong, la Bestia è sempre qui

Ho appena ricevuto King Kong nell’edizione illustrata di Anthony Browne (Donzelli), uno degli autori del genere più apprezzati e premiati al mondo. In una novantina di pagine, il romanzo di Devos W. Lovelace, da cui Edgar Wallace e Merian C. Cooper trassero la prima sceneggiatura, viene reinventato in una sintesi convincente e in un tratto che, mescolando toni espressionistici, cinematografici e naïf, appare efficace.

Celebre fu il film del 1933, a ridosso dell’uscita del testo. Dopo altre tre rivisitazioni, nel 2005 è uscita quella di Peter Jackson, con Naomi Watts nei panni della Bella (cui si riferisce il video sopra). Nell’interpretazione di Browne, la bella rivela una forte somiglianza con Marilyn Monroe

Impressiona, a rileggere oggi questa fiaba – per nulla adatta ai bambini, infatti non l’ho inserita nella sezione “C’era una volta” – le molteplici letture possibili. La rivisitazione della favola della Bella e la Bestia; il tema della crisi economica (siamo all’epoca della grande depressione); la smania di fama e successo; il mito dell’esotico e del selvaggio; lo scontro fra civiltà; l’amore che non consoce limiti di sorta; fino al terrorismo…

D’altra parte, sappiamo che è destino dei classici il saper dire cose nuove a ogni epoca.

22 Ott 2012

Raskolnikov oggi vaga per Kabul

È difficile mettere a tacere la coscienza.

Eco la recensione a Maledetto Dostoevskij di Atiq Rahimi pubblicata su Il nostro tempo. Di questo magnifico libro avevo già scritto nel blog.

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Di Atiq Rahimi, nato a Kabul nel 1962, in esilio politico a Parigi avevamo letto e ammirato Pietra di pazienza (Einaudi), vincitore del prestigioso Goncourt nel 2008, intensa meditazione sulla condizione femminile nel mondo afghano e islamico in generale. Non ci siamo perciò fatti sfuggire l’ultimo suo libro tradotto in italiano, sempre da Einaudi, anche perché chiamava in causa fin dal titolo uno degli autori più grandi della storia della letteratura di tutti i tempi: Maledetto Dostoevskij.

 Ci troviamo a Kabul, in un tempo che potrebbe benissimo essere oggi, città in mano ai mujaheddin. Rassul è un giovane da poco tornato dall’Unione sovietica, dove ha studiato e conosciuto  le opere di Dostoevskij. Sentendo di essere finito in una situazione insostenibile, senza futuro, decide di eliminare la vecchia usuraia che costringe la fidanzata Sophia a prostituirsi e a rubarle denaro. Proprio mentre sta per compiere il delitto e la scure comincia a scendere con forza dall’alto verso la testa della vecchia, gli viene in mente che sta ripetendo le gesta di Raskolnikov, il protagonista di Delitto e castigo, di Dostoevskij appunto. L’esitazione di un istante, non sufficiente a invertire il movimento di gravità – non solo fisica, ma anche morale – che non impedirà all’arma di abbattersi sulla vittima, uccidendola. C’è qualcosa di comico, e immensamente tragico, nella descrizione di questa scena. Ad ogni modo, Rassul non può più tornare indietro, lascia la stanza, dimenticando il denaro. Poi ha un ripensamento: tanto vale completare l’opera e rubare i soldi. Ma incrocia una donna misteriosa, avvolta in un burqa blu che la rende irriconoscibile, diretta nella casa della vecchia. E, dopo un po’, esce. Non per dirigersi alla polizia, ma per svanire nel nulla.

Rassul l’ha fatta franca. Nessuno l’ha visto, nessuno ha testimoniato contro di lui, nessuno l’accusa di nulla. Nemmeno quella donna misteriosa, che si è richiusa la porta dietro di sé… Lo scampato pericolo, però, anziché dargli sollievo, lo getta in una prostrazione che, di giorno in giorno, di pagina in pagina, diventa sempre più profonda e irredimibile. Capisce Rassul, sempre più chiaramente, che se le terribili guardie dei mujaheddin non verranno a chiedergli conto di quanto ha fatto, ci ha pensato qualcun altro a insinuargli il tarlo dell’inquietudine: la sua coscienza. Prova allora a narcotizzarla, in diversi modi, soprattutto rifugiandosi in questi luoghi pubblici dove si fuma l’hashish per dimenticare gli affanni della vita e di una città senza pace. Solo che quella maledetta coscienza – maledetta lei e Dostoevskij – gli impedisce di rivedere e incontrare la fidanzata. Anzi, una totale afasia lo coglie, impedendogli di pronunciare anche una sola parola. Insomma, il nostro Rassul comincia a escludersi da sé dalla comunità umana, sentendosi indegno.

Il protagonista cade in uno stato di torpore mentale e di inazione che gli impedisce persino di ricevere l’aiuto del generoso cugino e di darsi da fare per proteggere la madre e la sorella, rimaste sole dopo la morte del padre. È per lui l’inizio di un’odissea la cui meta finale dovrebbe essere una pace che, come Itaca per Ulisse, sembra irraggiungibile per il frapporsi di continui ostacoli e imprevisti. Il grande imprevisto, qui, come insegnava Dostoevskij, è la legge morale che qualcuno ha inciso nella nostra coscienza. Rassul, che è un giovane intelligente, lo sa e lentamente matura la decisione di consegnarsi alla giustizia per essere processato. Solo il giudizio della comunità degli uomini e l’espiazione di una giusta condanna, qualunque essa sia, gli potranno restituire la vita.

 Qui ha inizio una parte straordinaria del romanzo, che consigliamo al lettore di leggere e meditare riga dopo riga. Avere giustizia a Kabul, dilaniata da lotte intestine e da una violenza smisurata, ben simboleggiata da una strana polvere che copre ogni cosa, non è impresa facile. Nella sua ricerca di giustizia contro di sé Rassul incontra due personaggi, con i quali dà vita a dialoghi memorabili, tanto densi e profondi da valere un trattato di diritto e di morale. Uno di questi è il comandante Parwaiz, un pezzo grosso della sicurezza nazionale. Questo ragazzo strano che parla di Dostoevskij  e si vuole consegnare, distrutto da un conflitto interiore, mentre all’esterno divampa una battaglia feroce, lo incuriosisce. Il fatto che in un posto in cui ogni legge, ogni regola, siano esse civili o morali, sono saltate, un ragazzo voglia pagare per un delitto di cui nessuno lo accusa, smuove qualcosa nella sua coscienza (sì, questo è un romanzo di coscienze). E quando, in uno degli incontri, Rassul gli dirà che processarlo e condannarlo per quello ch’egli ha fatto è l’unica maniera per ristabilire un equilibrio, impedire il perpetuarsi della violenza e dell’ingiustizia, qualcosa nel potente comandante si incrinerà, gettando le premesse di decisioni radicali.

 Non meno memorabile l’incontro di Rassul con il cancelliere in un tribunale anche materialmente devastato e a pezzi.Scherno e, alla lunga, irritazione sono la sua reazione alla pretesa di questo giovanotto di mettere a posto la coscienza. Non vedi, gli dice, in che condizioni versa la giustizia in questa città, in questo Paese? Non vedi che non è rimasto più nulla? E tu vorresti un processo regolare? Non ti posso proprio aiutare…

Maledetto Dostoevskij è uno straordinario romanzo sulla forza insopprimibile di quella che Kant chiamò «la legge morale dentro di noi», di quella che possiamo chiamare coscienza, anima, cuore, poco cambia. In quel luogo misterioso che abita dentro ogni uomo, è racchiuso un senso di giustizia che nemmeno i disastri della storia possono annichilire. Nel bisogno di giustizia di Rassul si scorge la volontà di ristabilire un ordine che appartiene alla natura più profonda dell’uomo. Un valore, questo, che giustifica anche il sacrificio di sé. In questo senso – ci spingiamo qui probabilmente oltre le intenzioni dell’autore, ma la storia che ha raccontato racchiude anche questo significato – ravvisiamo un richiamo alla parabola di Cristo o, se vogliamo, di chiunque accetti di pagare per tutti, in nome del bene comune, pur di non venire meno alla legge (dell’amore). E senza dubbio quella di Rassul  è una parabola morale, metafisica e teologica.

Chi sono

Sono nato a Vicenza nel 1968. Mi sono laureato in Filosofia a Padova con una tesi su Martin Heidegger, poi ho frequentato il Biennio di giornalismo dell’Ifg di Milano. Sono caporedattore e responsabile del settore Cultura e spettacoli di Famiglia Cristiana. Mi sto occupando di Filosofia per bambini e per comunità (P4C). [leggi tutto…]

Preghiere selvatiche

There's a blaze of light In every word It doesn't matter which you heard The holy or the broken Hallelujah
Leonard Cohen