Elenco degli articoli in "Pensieri (Filosofia)"
Nelle classi multiculturali si impara di più
Ho avuto il piacere di presentare l’incontro di Vinicio Ongini sulla scuola multiculturale al Festival del diritto di Piacenza. Condivido alcune riflessioni che sono state fatte, alla presenza di un nutrito gruppo di insegnanti.
– Della scuola, in generale e nello specifico del tema della multiculturalità, si tende a parlare male, evidenziando le esperienze negative e trascurando quelle positive
– La presenza di studenti stranieri nelle classi, l’eterogeneità delle classi, come l’ha definita Ongini, è fattore di ricchezza e di stimolo nell’apprendimento per tutti (lo dice l’esperienza di chi ha insegnato in tali classi)
– Si tende anche qui a fare di tutte le erbe un fascio: ad esempio, si parla genericamente di studenti stranieri, senza distinguere – un verbo su cui Ongini ha insistito – fra quelli nati in Italia e quelli nati all’estero, quelli che parlano la nostra lingua e quelli che non la conoscono… Differenze non da poco…
Ongini, per chi non lo conoscesse, è uno dei massimi esperti dell’argomento. Consiglio a tutti la lettura del suo viaggio nella scuola multiculturale, Noi domani, pubblicato da Laterza.
Che cosa intendi per “rispetto”?
Rispetto: parola stupenda, quanto abusata. Pretendono rispetto persone e gruppi che non lo meritano; viceversa, chi lo meriterebbe, spesso, non ha la fortuna di “riceverlo”. Eppure un’etica senza rispetto o, più radicalmente ancora, una vita senza rispetto è inimmaginabile. Vale la pena allora cercare di indagare il concetto.
Possiamo farlo con l’ausilio di un bel volumetto di Roberto Mordacci, docente di Filosofia morale all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, intitolato semplicemente Rispetto (fa parte della collana Moralia, diretta dallo stesso Mordacci).
In breve, la lettura del saggio, pubblicato da Raffello Cortina, mi ha lasciato queste indicazioni:
1) storicamente il rispetto si è declinato come rapporto asimettrico, diseguale, fra un inferiore e un superiore
2) il rispetto della persona o dell’individo in quanto tale è una conquista moderna
3) essa si fonda sul riconoscimento della persona
4) tale riconoscimento scaturisce dalla consapevolezza che l’individuo è portatore di un quid irriducibile: la libertà o capacità di autodeterminazione
5) anche le espressioni della creatività umana (le opere d’arte ad esempio) e la natura (animali, paesaggio) hanno diritto al rispetto, secondo una gradazione determinata dalla gerarchia ontologica
6) fondamento necessario della morale, il rispetto deve avere anche una valenza politica
Gli spunti, come si vede, non mancano.
Prima pensare, poi parlare (o scrivere)
Un bell’articolo di Cristina Taglietti su la Lettura del Corriere della sera di domenica 23 settembre offriva interessanti elementi sul tema che ho affrontato in uno dei miei pezzi. In breve: oggi più che mai siamo sollecitati a scrivere, parlare, dire la nostra, prendere posizione, insomma esporci… Le nuove tecnologie hanno esasperato questa tendenza, portata dalla società dell’apparenza e dell’io, garantendo a tutti un pulpito e una potenziale platea di uditori.
L’articolo della collega si intitola Spegnete sms e tablet. I ragazzi non sanno leggere. Richiamo uno dei passaggi cruciali: «Si è passati da un’idea di lettura che richiede silenzio e solitudine, a quella attuale fondata su impazienza e interruzioni». Qualcuno ha scritto che siamo passati da una lettura – quindi un sistema di apprendimento – verticale (che dal testo rimandava a un livello più profondo di simboli, significati, segni la cui comprensione richiedeva concentrazione e riflessione) a una lettura orizzzontale (per cui si scivola da una cosa all’altra, velocemente, senza soffermarsi). Altro passaggio fondamentale: «Forum, sms, Facebbok e Twitter veicolano testi non argomentativi, sconnessi: la scrittura è diventata una pratica non controllata». Risultato? I docenti si dicono preoccupati, perché i ragazzi non sono più in grado di affrontare ed esaminare untesto scritto.
I genitori sono soliti dire ai figli, troppo impulsivi e istintivi: “Pensa, prima di parlare”. Vale per tutti, con l’aggiunta: “Pensa e leggi, prima di parlare e di scrivere!”.
Filosofia della chirurgia estetica
Un mio articolo per Il nostro tempo su un saggio interessante: Contro la falsa bellezza. Filosofia della chirurgia estetica (il Melangolo): http://www.ilnostrotempo.it/archiviopdf/2011/tempo_02/ILNTEMPO002G1Q_013.pdf
Credo che una delle funzioni fondamentale della filosofia sia proprio quella di sottoporre all’esame critico della ragione fenomeni sociali quali il diffondersi della chirurgia estetica.
Martini, il maestro di noi “degustatori”
La prima parola ha sempre un’importanza fondamentale: è la nota che rompe un silenzio, la luce che squarcia il buio, l’essere che sottrae campo al nulla. Scrivere significa creare. Per questa ragione, è per me un piacere e un onore dare vita a questo mio blog dedicando il primo articolo al cardinale Martini, appena scomparso. Come per milioni di persone, credenti e non, anche per me ha rappresentato molto. In lui ho ritrovato, in forma grandiosa, tanti elementi centrali della mia esperienza e del mio credo: l’ispirazione al Vangelo come “parola insuperabile” per l’uomo; il nutrirsi della meraviglie della cultura; l’apertura e il dialogo con chiunque abbia voglia di confrontarsi serenamente e seriamente; un’autonomia di pensiero che non è mai ribellione distruttrice, bensì critica costruttrice…
Nel suo editoriale sul Corriere e poi nell’intervista che mi ha concesso per Famiglia Cristiana, il direttore Ferruccio De Bortoli lo ha definito un padre e un maestro, in tempi in cui – aggiungeva – di maestri e di padri abbiamo un bisogno disperato. Ecco, Martini è stato padre e maestro. E davvero, oggi, in questi tempi mediocri e tragici, sentiremmo il bisogno di averne tanti. Abbiamo sete di figure non perfette, ma credibili, stimabili, non al servizio di qualche padrone, non vendute al denaro o al potere, non vili, non incapaci di vedere al di là del proprio naso… E quanta, quanta gente attorno a noi risponde a questa descrizione. Cerchiamo maestri, vogliamo padri, ma non se ne hanno tracce. Una belle serie giornalistica sarebbe proprio quella che tentasse di definire una galleria di maestri per i nostri tempi. Forse è anche un bel tema per questo blog e chi vorrà raccogliere la provocazione: vedete in giro qualcuno che meriti il nome di maestro o di padre? Uno degli obiettivi che mi prefiggo, con questo blog, è di dare voce a quei germi di valore, di bene, di bellezza che devono cambiare questo mondo, che a volte sembra davvero perduto.
Scriviamo, scriviamo… E quando leggiamo?
Nella società in cui siamo connessi 24 ore al giorno, e in cui per stare al passo con i tempi bisogna – oltre a vivere e lavorare – avere un sito, un blog, un profilo facebook, essere iscritti al social network per la professione, e poi a quello per coltivare le nostre passioni, mandare decine di mail al giorno ecc. siamo portati a scrivere in continuazione. In ciò non vi sarebbe forse nulla di male, se non fosse per un fatto: quando leggiamo? o, più concretamente, quanto tempo ci resta per leggere?
Siamo incessantemente chiamati a “dare”, a esporci, a raccontarci, a prendere posizione, a dire la nostra su tutto, ma quando e come leggiamo, cioè studiamo, pensiamo, meditiamo, per raccogliere informazioni? Siamo una caraffa che versa acqua senza sosta, ma rischiamo di lasciarla vuota.
Mi sono fatto una domanda: da quando uso la posta elettronica, navigo in Internet, ho un blog e un tablet, ecc., il tempo che dedico alla lettura, allo studio, all’approfondimento è aumentato o diminuito? Da parte mia, è diminuito. Perciò cerco di non dimenticarmi di spegnere il tablet o il pc per concentrarmi su un libro. Se non si vuole dire sciocchezze, o cose sempre più vuote e banali, ci vorrebbe più silenzio.
Il discorso mi riporta alla mente un fenomeno che si verifica soprattutto in Italia: il numero di chi scrive è, rispetto a quello di chi legge, sproporzionato. Con il self-publishing la tendenza non può che esasperarsi.
I primi studi sulla lettura di testi in formato digitale, infine, indicano che si è portati a leggere più velocemente, ma rinunciando ad approfondire.
Non vi sembra che vi siamo molti pericoli, in tutto cio?
Non male come inizio della categoria “pensieri” di un blog, no?
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