Elenco degli articoli in "Pensieri (Filosofia)"
Google Car, ha un bel problema

Un prototipo della Google Car.
È dei giorni scorsi la notizia del primo incidente mortale in una vettura che viaggiava con il pilota automatico. A maggio in Florida il conducente di una Tesla Model S che aveva in quel momento inserito il sistema Autopilot (una specie di guida semiautomatica) ha perso la vita. La Tesla ha subito precisato che si tratta del primo incidente mortale dopo 200 milioni di chilometri percorsi dalle vetture di questo tipo, ma non ha potuto impedire l’inchiesta negli Usa dell’NHTSA, l’ente federale Usa per la sicurezza stradale.
Intanto resta vivace il dibattito sugli algoritmi con cui programmiamo le auto a guida autonoma, le Google Car, per intenderci: in base agli algoritmi che i programmatori, cioè l’uomo, le assegneranno, l’auto “saprà” come comportarsi. Ora, è certo che la Google Car potrà risparmiare migliaia di incidenti e di vittime, per la semplice ragione che non è suscettibile del classico “errore umano”. Semmai è emerso che proprio la scrupolosa attenzione e osservanza del Codice stradale potrebbe provocare degli incidenti, perché impatterebbe con l’umana tendenza a fare il contrario…
Tuttavia è un’altra questione a sollevare i problemi più spinosi, perché sconfina dall’ambito prettamente tecnologico in quello filosofico ed etico. Per spiegare di che cosa stiamo parlando, conviene fare un esempio: la nostra Google Car con un passeggero a bordo sta viaggiando tranquilla, “vede” un semaforo verde e quindi procede per la sua strada. All’improvviso un gruppo di pedoni attraversano, noncuranti del rosso. In situazioni del genere, che cosa dovrà fare la Google Car? Investire i pedoni, perché non hanno rispettato la segnaletica? Oppure buttarsi di lato, per salvarli, con l’alta possibilità di ferire o uccidere il suo passeggero? Che cosa è giusto fare?
La situazione si può complicare ulteriormente, in base alle varianti immaginabili: se il passeggero è una donna incinta? Se ad attraversare la strada sono dei bambini? E così via…
Qualcuno ha provato a proporre la celebre dottrina del male minore come soluzione. Ma siamo sicuri che sia davvero una soluzione? Oppure non è, in questo caso, un criterio eccessivamente utilitaristico? E come calcolare, ammesso che sia possibile, il “valore” delle persone? Basta un criterio quantitativo a dirimere il dilemma: il valore dipende dal numero di persone in gioco, cioè meglio sacrificarne una per salvarne ad esempio quattro? E se quell’unica persona è una madre incinta, appunto?
Inutile dire che la Google Car, con tutta la sua fiammante e avveniristica tecnologia, non è in grado di rispondere a queste domande. Reagirà alla situazioni in base ai comandi, agli algoritmi che le verranno trasmessi da noi uomini. E quindi: come vogliamo configurarla? Nelle situazioni prospettate, dovrà seguire la teoria del male minore? Oppure?
Vale la pena aggiungere che alcune ricerche hanno evidenziato che tutti noi siamo d’accordo, in linea di massima, che è preferibile salvare quattro vite sacrificandone una sola. Salvo che quella vita da sacrificare sia la nostra. Il che significa che nessuno comprerebbe un’auto a guida autonoma programmata per sacrificare il suo passeggero al fine di salvare altre vite…
La tecnologia sembra più evoluta della nostra capacità di dare risposte etiche…
L’articolo è stato pubblicato l’1-7-2016 su Famigliacristiana.it
Pensieri filosofici di una mamma

Vittoria Baruffaldi
Di recente mi sono imbattuto in un libro che incontra diversi dei miei interessi: la filosofia in generale, l’insegnamento della filosofia ai bambini, il rapporto fra filosofia e vita, ovvero l’applicazione della filosofia alla vita, il rapporto fra genitore e figlio…
Si tratta di Esercizi di meraviglia. Fare la mamma con filosofia di Vittoria Baruffaldi, pubblicato da Einaudi. In questo articolo ho presentato e analizzato i temi principali del libro.
L’autrice insegna filosofia in un liceo ed è diventata mamma. È esattamente l’esempio vivente di come filosofia ed esistenza non solo possano, ma anche “debbano” incontrarsi, per fecondarsi a vicenda.
Mi è ovviamente impossibile mettermi nei panni di una donna che ha in grembo un bambino: di certo, la vita che nasce accresce, vorrei dire quasi esaspera la nostra attitudine filosofica, perché ci riporta in quella condizione incantata in cui tutto ci appare meraviglioso, come se lo vedessimo per la prima volta.
Don Milani, una lezione ancora da imparare
Ieri sera ho presentato a Vigevano nell’ambito della rassegna letteraria l’incontro con Agostino Burberi, allievo di don Milani. Fu il primo bambino che il sacerdote vide quando, la sera del 7 dicembre del 1954, entrò nella chiesa di Barbiana. A fare il chierichetto c’era prorio lui, Burberi, che fece parte del nucleo originario dei primi 6 bambini che frequentarono la scuola di don Milani.
La sua testimonianza è stata bella e forte. Di certo, la lezione del prete di famiglia borghese cacciato dal prete in quel luogo sperduto che era allora – e in parte ancora è – Barbiana è ancora da studiare e assimilare.
Prendiamo la celebre Lettera a una professoressa (1967).
La parte critica evidenziava cinque nodi problematici nella scuola:
- emargina i poveri
- i programmi sono nozionistici
- è slegata dalla vita reale
- non aiuta i bambini a diventare cittadini consapevoli
- uso il voto in modo improprio
Quante di queste “accuse” sono da considerarsi obsolete?
Guardando alla parte costruttiva della lettera, le cose non cambiano.
In sintesi, si suggeriva di:
- non bocciare
- dare tempo a quelli che sembrano cretini
- dare uno scopo a chi è svogliato
Vi sembrano indicazioni superate, inutili?
Anche il metodo pratico seguito da don Milani e i suoi ragazzi conserva molte indicazioni utili: ad esempio la lettura quotidiana dei quotidiani, il ricorso a ricerche approfondite, i più grandi che insegnano ai più piccoli, i laboratori di scrittura…
Michelangelo per dare dignità ai clochard
Non deve passare inosservato il gesto del Vaticano che, dopo aver aperto docce e barberie nel colobìnnato di San Pietro, ha riservato ai clochard una visita alla Cappella Sistina e ai Musei Vaticani. È un’iniziativa dalla straordinario significato simbolico: la bellezza donata agli ultimi, perché non basta il pane per rendere tale un uomo.
Qui ho provato a spiegare il senso profondo di questo gesto.
Tu uccideresti l’uomo grasso?
Se la domanda vi sembra assurda, provate a leggere questo articolo. E poi ne riparliamo…
L’avete letto?
Che cosa ne pensate, allora? La faccenda è più complicata – meno assurda – di quel che sembrava, vero?
App o non App, questo è il dilemma
Finalmente un libro equilibrato, dcumentato, serio e intelligente sul rapporto fra i giovani (e noi tutti) e le tecnologie. Si tratta di Generazione App di Howard Gardner e Katie Davis (Feltrinelli).
La tesi di fondo è che l’utilizzo sempre più imponente delle App sta modificando la nostra mente. Poiché le App in sé non sono buone né cattive, sta a noi utilizzatori la responsabilità e possibilità di valorizzarle come strumenti per risolvere determinati problemi pratici o farcene “schiavi”.
Lo studio è ricco di considerazioni interessanti, che riguardano da vicino ognuno di noi come fruitori dei media, come genitori e come educatori: in questo articolo le ho analizzate e discusse.
Antonio Conte è Antonio Conte
Tutti addosso al mister dopo lo sfogo nella conferenza stampa post Juve-Benfica. Allora ho scritto questo articolo per “difenderlo”. Un divertissement, nulla di più…
Io mi sono divertito a immaginarlo; e voi a leggerlo?
Recalcati: il perdono allunga l’amore
Amarsi, magari sposarsi e fare dei figli, e poi lasciarsi. Ormai sembra un percorso normale, inevitabile, a cui ci siamo assuefatti. Guardate Gwyneth Paltrow e Chris Martin… Ogni esistenza è un mistero, figuriamoci l’unione fra due persone. Ed è del tutto impossibile conoscere fino in fondo l’anima di ogni individuo e la storia di ogni coppia. Non si tratta di giudicare, ma di riflettere su questa consumistica rassegnazione all’amore che finisce.
È così? Dovrebbe essere così? Non è più come prima di Massimo Recalcati (Raffaello Cortina) ha il merito, anzitutto, di parlare dell’amore che dura. Perché questo, aggiungo io, è il vero amore.
A volte il cammino di una coppia vive il trauma del tradimento. Come la mettiamo, allora, se crediamo nell’amore che non finisce? Partendo dalla sua esperienza di psicoanalista, l’autore propone una «elogio del perdono nella vita amorosa». In questo articolo analizzo il saggio e ne sottolineo le implicazioni. Amore che dura, addirittura dopo un abbandono; perdono… Concetti inattuali, forse, ma essenziali a un’idea non consumista e utilitarista dell’amore.
Hans Joas, la persona è sacra
Ho letto un saggio straordinario: La sacralità della persona di Hans Joas (Franco Angeli). Vi ho trovato l’esposizione argomentata di una serie di idee fondamentali della nostra storia culturale.
In sintesi: il lungo e travagliato processo di evoluzione della cultura (occidentale) è approdato alla verità che la persona è portatrice di diritti, che la persona ha dignità in quanto tale.
Ora, tale fondamentale esito su che cosa si fonda? Secondo il filosofo e sociologo tedesco, sulla sacralità della persona, la quale, a sua volta, poggia su due colonne: l’anima e il dono.
Concludo dicendo che, fossi un docente di filosofia, renderei obbligario lo studio del saggio.
Luigi Zoja, l’utopia del terzo millennio
Che senso ha parlare di utopie oggi? Dopo che, nel secolo scorso, ne abbiamo visto gli esiti drammatici? Dopo che sappiamo dove ci hanno condotto nazismo, comunismo, oggi possiamo dire anche il liberismo, e comunque ogni ismo?
Luigi Zoja lo fa in Utopie minimaliste (Chiarelettere), discernendo però le utopie (ideologie)-massimaliste (totalitarie) dalle utopie minimaliste. In questo link pubblico l’intervista che dà conto di una mia lunga conversazione con lo psicoanalista.
Qui aggiungo solo che ho conosciuto (intellettualmente) Zoja grazie a un testo che mi ha colpito moltissimo, La morte del prossimo (Einaudi), nel quale ha saputo identificare una tendenza a mio avviso fondamentale dei nostri tempi. Nell’articolo che scrissi, esortavo l’autore ad aggiungere all’analisi una proposta. Fu così gentile da rispondermi privatamente, dicendo, in sostanza, che tutti gli chiedono risposte, ma lui non ne ha. In realtà il nuovo libro sullo utopie minimaliste è un testo propositivo, costruttivo.
Mi piace pensare che sia la sua risposta, quella che, quando mi scrisse, forse non aveva (nemmeno lui) ancora chiara.
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