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I pensieri si possono disegnare? Un laboratorio di filosofia per bambini (con metodo sperimentale)
All’ultimo Festival della mente di Sarzana, il 3 settembre scorso, con la collega teacher in Philosophy for Children (P4C) Annalisa Decarli abbiamo tenuto due laboratori di filosofia per bambini dai 5 agli 8 anni sul tema: “I pensieri si possono disegnare?”.
Di solito la Philosophy for Children si sviluppa in cicli di sessioni, perché il suo obiettivo è quello di costituire una Comunità di ricerca filosofica. Obiettivo raggiungibile solo attraverso un percorso di paziente costruzione di 1) una comunità 2) di ricerca 3) filosofica.
Tutto ciò ovviamente non è attuabile nel contesto di un festival, dove si incontrano bambini soltanto per la durata del laboratorio. Per questo, abbiamo elaborato una metodologia che, pur mantenendo saldi i principi e le finalità della P4C, si adattasse alla situazione.
Siamo partiti non con un testo, bensì con un breve filmato, due corti della Pixar: Soar e The present, che hanno svolto la funzione di pre-testi della sessione. La costruzione dell’agenda, solitamente affidata all’elaborazione di domande via via selezionate dal gruppo, è stata sostituita da un disegno individuale. La discussione, infine, è partita dalla ricerca di somiglianze e differenze fra i disegni dei bambini, disposti entrambi in modo da formare un cerchio (fin dall’inizio i partecipanti erano seduti in cerchio, come prevede la P4C). A quel punto, la discussione ha toccato i temi più imprevedibili…
E’ stata un’esperienza particolare e interessante. Chissà se questa metodologia sperimentale – pensata, lo ripeto, per la situazione straordinaria e il contesto specifico – potrà tornare utile in altre occasioni…
Franco Lorenzoni, un’altra scuola è possibile

Franco Lorenzoni
Ho appena finito di leggere I bambini pensano grande (Sellerio) di Franco Lorenzoni. Franco Lorenzoni è un maestro che insegna a Giove e che ad Amelia ha fondato e dirige la Casa laboratorio Cenci, un innovativo centro educativo. Ad agosto avrò il piacere di incontrarlo per intervistarlo per Famiglia Cristiana, in vista della sua partecipazione al Festival della mente.
IL CREDO PEDAGOGICO DI FRANCO LORENZONI
L’idea educativa di Franco Lorenzoni è assai interessante e merita di essere approfondita. In una parola, si può dire che il maestro umbro ha in mente una scuola fondata sull’ascolto dei bambini, su un metodo di apprendimento basato sull’esperienza e sul dialogo e sull’approfondimento multidisciplinare, in modo da sostare a lungo su un argomento anziché correre su tanti argomenti per svolgere un programma calato dall’alto.
LA PHILOSOPHY FOR CHILDREN E IL METODO DI FRANCO LORENZONI
Qui mi vorrei soffermare sulle profonde affinità che sussistono fra il metodo pedagogico di Lorenzoni e la mia grande passione, la Filosofia per bambini (Philosophy for Children p P4C).
Ecco, schematicamente, le convergenze:
- l’ascolto dei bambini (nella P4C è uno dei cardini, tanto che sono loro stessi, come comunità, a decidere di che cosa occuparsi, in base agli interessi e ai bisogni del momento)
- il dialogo (è l’essenza di ogni filosofare)
- il lavorare in cerchio (il setting ha la sua non trascurabile importanza)
- la dimensione comunitaria: ogni singolo lavora nel confronto costante con gli altri
- il preoccuparsi di insistere su un argomento fino a che i bambini ne sentono il bisogno, anziché passare ad altro per soddisfare richieste esterne
- il ruolo dell’esperienza: nella P4C è anzitutto il vissuto dei bambini a diventare protagonista
Il credo di Lorenzoni e della P4C coincidono soprattutto laddove si prefiggono, come obiettivo primario, la crescita della persona intesa in modo complessivo, lo sviluppo del pensiero critico, della capacità di ascolto, di confronto con il diverso, di elaborare ed esprimere un’opinione argomentata.
La società e chiunque abbia a cuore il futuro del Paese hanno il dovere di ascoltare questo lavoro, per costruire una scuola più accogliente, più vera,. più intensa, più istruttiva, capace di creare persone migliori.
Philosophy for Children (P4C), un’esperienza (bella e impegnativa)
Fra gennaio e aprile ho tenuto presso la scuola primaria di Barbaiana (Lainate) un ciclo di sessioni di Philosophy for Children (P4C): complessivamente 39 sessioni distribuite fra le classi prime, terse e quarte.
E’ stata un’esperienza bella e impegnativa.
Qui sotto riporto la restituzione che ho inviato alle insegnanti al termine di questa avventura.
Relazione sul ciclo di sessioni di Filosofia per bambini alla Scuola primaria di via Cairoli di Barbaina (Lainate)
Gentili maestre,
al termine del ciclo di sessioni di Filosofia per bambini (P4C) svolte presso la vostra scuola, il mio primo pensiero è di gratitudine e ringraziamento a voi tutte, per aver colto le potenzialità formative della proposta e per averla concretamente resa possibile durante l’orario scolastico. Lavorando accanto a voi, sia pur per un breve tratto, ho potuto apprezzare l’impegno e la dedizione con la quale seguite quotidianamente i bambini che vi sono stati affidati.
IL PROGETTO
Il ciclo di Filosofia per bambini (P4C) si è sviluppato in 39 sessioni complessive, ciascuna della durata di un’ora. La prima fase, fra gennaio a febbraio, ha coinvolto 2 Quarte e 2 Terze, con un percorso di 6 sessioni per ogni classe. La seconda fase, fra marzo e aprile, ha coinvolto 3 Prime, con un percorso di 5 sessioni per ogni classe.
Gli obiettivi – come ricorderete dalla proposta presentata alla fine dell’anno scorso – erano di due ordini: socio-relazionali e logico-intellettivi. In ambito socio-relazionale, lo svolgimento delle attività mirava a stimolare i ragazzi al lavoro di gruppo, al confronto, alla mediazione, al rispetto delle regole, all’ascolto. In ambito logico-intellettivo, invece, il lavoro svolto puntava a sviluppare la capacità di analisi e di sintesi, di induzione e deduzione, di formulazione delle domande, di ragionamento causale, di istituire relazioni, di stabilire analogie e differenze, di spiegare il proprio punto di vista e di rivederlo alla luce del confronto.
I testi utilizzati sono stati i seguenti: L’ospedale delle bambole di Ann Margaret Sharp e Elfie di Matthew Lipman per le Prime, Kio e Gus di Matthew Lipman per le Terze e Pixie di Matthew Lipman per le Quarte (tutti i testi sono editi da Liguori nella collana “Impariamo a pensare”).
Tali obiettivi sono stati perseguiti attraverso sessioni articolate in diversi momenti.
IL SETTING
Era fondamentale che i bambini fossero disposti in cerchio, non di fronte al facilitatore, perché non si dovevano mettere in atto lezioni di filosofia, bensì fare filosofia con i bambini. Protagonisti dovevano essere i bambini, non “il maestro”, al quale toccava invece appunto un ruolo di “facilitatore”.
L’aver svolto la prima fase delle sessioni con le Terze e le Quarte in un’aula dedicata, ampia, in cui ogni bambino poteva godere del proprio spazio, è stato sicuramente un vantaggio. Con le Prime, parte delle sessioni sono state svolte in classe, parte nella piccola saletta collocata lungo il corridoio. Le condizioni erano indubbiamente meno favorevoli, sia perché i bambini godevano di meno spazio, sia perché il tempo di preparazione del cerchio di sedie richiedeva del tempo, ma le sessioni si sono comunque svolte tutte regolarmente.
LA PRIMA SESSIONE
Nella filosofia per bambini il primo incontro ha una funzione regolativa, si tratta cioè di invitare il gruppo a stabilire le regole alle quali intende attenersi per rendere possibile lo svolgimento dell’incontro stesso.
Avendo trovato un livello di disciplina piuttosto avanzato, in alcune Terze e Quarte non è stato necessario realizzare questa fase. Con altre classi, dove si era saltato in un primo momento questo momento presupponendo la stessa consuetudine alle regole, è stato necessario farvi ritorno più avanti. Con le Prime, parte del primo incontro è stato dedicato alla definizione delle regole. Nel corso dello svolgimento delle sessioni, sono state richiamate più volte come un patto che era stato stipulato dalla comunità per rendere possibile l’attività.
GLI ESERCIZI FILOSOFICI
Avevano la funzione di introdurre all’attività filosofica i maniera ludica. Si è cercato di proporre una serie di esercizi che richiedessero progressivamente un maggior impegno logico-critico. Così, si è partiti con attività più fisiche (come l’esercizio send your claps) o più legate a qualcosa di concreto (il disegno alla lavagna) per approdare ad attività più astratte sul linguaggio (i cerchi dello sviluppo concettuale) o sulle regole logiche (se… allora…).
I bambini hanno mostrato di gradire molto questo tipo di attività e hanno partecipato con entusiasmo, tanto da dilatare a volte il tempo che le doveva essere riservato. Dopo qualche segno di disorientamento, nella maggior parte dei casi hanno mostrato di comprendere il senso dell’attività e di essere in grado di impadronirsi dei meccanismi filosofici che lo regolavano. Tale è stato il successo di questo momento che, soprattutto con le Prime, ho avuto la tentazione di dedicare qualche intera sessioni agli esercizi filosofici.
LA LETTURA COMUNITARIA
La lettura collettiva, a turno, dei testi narrativi aveva la funzione di creare comunità fra i partecipanti e di condividere un campo tematico sui cui innestare la discussione.
Con le Terze e le Quarte è stato possibile far leggere i ragazzi, nelle Prime si è preferito che la lettura venisse affidata al facilitatore. In generale, i bambini hanno mostrato molto interesse per le storie narrate, confermando di “subire” la fascinazione del racconto.
LA FORMULAZIONE DELLE DOMANDE IN PICCOLI GRUPPI
I bambini erano chiamati a esaminare il testo letto-ascoltato cercando di individuare una domanda che li aveva intrigati e sollecitati, affinché diventasse il tema comunitario della sessione. Era fondamentale che ogni gruppetto di 4-5 elementi giungesse a selezionare una sola domanda, mediando fra le diverse domande emerse. Così come la scelta del “portavoce” aveva lo scopo di stimolare all’interno del gruppetto il confronto per affidare il compito a un compagno.
Nelle prime sessioni i ragazzi hanno mostrato – come era naturale – un certo disorientamento per un compito forse per loro insolito. Già dalla seconda-terza sessione, le Terze e le Quarte hanno “capito il gioco”. Con le Prime è stato necessario attendere un po’ di più, ma i risultati sono arrivati.
A volte sono state formulate domande a prima vista strampalate, che suscitavano il sorriso, altre domande di assoluta dignità filosofica. Sottolineo però che nessuna domanda è, in realtà, inopportuna o sbagliata, perché dà voce – seppure in maniera incompiuta e lacunosa – agli interrogativi risuonati all’interno della persona.
Nei gruppi non di rado nasceva il problema di dover eliminare alcune domande, così come quello di dover scegliere un solo portavoce. I ragazzi sono stati sempre invitati, in queste situazioni, a giungere “democraticamente” a una soluzione condivisa, diventando consapevoli che un accordo generale prevede che qualcuno metta da parte le sue pretese. In una sessione, le modalità attraverso le quali giungere a un accorso, in presenza di un disaccordo in apparenza inconciliabile, sono divenute oggetto di discussione pubblica, arrivando a indicare alcune possibili soluzioni estremamente interessanti.
LA FORMAZIONE DELL’AGENDA

Un esempio di Agenda compilata nel corso di una sessione di Filosofia per bambini in una quarta elementare.
Le domande dei singoli gruppi venivano condivise con la comunità trascrivendole sulla lavagna. Ogni bambino, individualmente, aveva poi la possibilità di esprimere una personale adesione alla domanda di un altro gruppo. L’obiettivo era di favorire il massimo coinvolgimento del gruppo.
Talvolta, come naturale, l’adesione era un modo per compiacere l’amico o il compagno più “forte”. Col tempo, tale opzione dovrebbe esprimere la scelta di un tema per il quale si prova un autentico interesse di approfondimento.
LA SCELTA DEL PIANO DI DISCUSSIONE
Finalmente il gruppo arrivava a scegliere la domanda sulla quale voleva discutere. Non prima, però, di aver fatto un lavoro di analisi delle domande, invitando a individuare le piste euristiche in esse contenute (perché?, chi?, come?…), i protagonisti in campo, analogie e differenze, possibilità di raggruppare e classificare alcuni quesiti in base ai temi-concetti fra di loro.
Dopo la prima sessione, i bambini si lanciavano spontaneamente in questa attività, spesso cogliendo aspetti “superficiali” (la ripetizione di una singola parola, ad esempio), in altri casi cogliendo affinità concettuali più profonde.
LA DISCUSSIONE
Tutte le attività fin qui svolte costituivano già una forma di “filosofia con i bambini”, tuttavia la sessione entrava propriamente nel cuore della sessione con la discussione sulla domanda scelta dal gruppo.
Sono moltissimi gli elementi da sottolineare relativamente a questa fase. Provo a indicare schematicamente i principali:
imparare a parlare solo quando era il proprio turno
imparare ad ascoltare gli altri
imparare a formulare linguisticamente il proprio pensiero
intervenire per esprimere il proprio accordo o disaccordo
acquisire la capacità di dare ragione del proprio pensiero: chiunque interveniva veniva invitato a spiegare le ragioni della sua posizione, a non limitarsi a dire “io penso che…”, ma “io penso che… perché…”. Si richiedeva così uno sforzo per applicare i principi dell’inferenza e dei nessi causali
indicare degli esempi concreti di ciò che si sostiene
Considero fra gli esiti più rilevanti del ciclo di sessioni il fatto che molti bambini abbiano gradualmente acquisito la consapevolezza di dover dare conto delle proprie idee e che si siano sforzati di fornire le ragioni della loro opinione. Allo stesso modo, è stato molto significativo che alcuni bambini (quelli più maturi dal punto di vista filosofico) abbiano esplicitamente riconosciuto la loro difficoltà a 1) esprimere con chiarezza la loro idea e ad 2) argomentarla in maniera convincente. La maturazione di questa consapevolezza è uno degli obiettivi fondamentali del fare filosofia con i bambini, in quanto costituisce la presa d’atto del “so di non sapere” dal quale soltanto può nascere l’interrogazione filosofica e la ricerca del sapere.
L’AUTOVALUTAZIONE
L’idea decisiva è che non è il prof, ma la comunità stessa che si giudica da sé.
Spesso i bambini, soprattutto quelli più piccoli, hanno trasformato questo momento in un gioco, per questo sono stati invitati a fare lo sforzo di rivedere il lavoro svolto con un atteggiamento critico e onesto. In alcuni casi ci siamo riusciti (e così sono stati proposti diversi dal solito “10 e lode” o “bellissimo”), in altri meno, ma l’essenziale è aver suggerito la necessità di rivedere criticamente il proprio lavoro.
CONSIDERAZIONI GENERALI
Ogni sessione (come ogni classe e ogni bambino) è una storia a sé, dagli sviluppi imprevedibili, per cui risulta difficile dare una valutazione generale, tanto più che erano interessati bambini di età diverse, quindi con un percorso scolastico ben diverso.
Ovviamente alcune sessioni sono state più fluide, altre più faticose. Con i bambini di Terza e di Quarta, più abituati alla disciplina e al lavoro, sono state numerose le sessioni che hanno prodotto risultati apprezzabili. Il lavoro con le Prime puntava inevitabilmente a creare un terreno, delle condizioni preliminari affinché fosse possibile in una fase successiva svolgere un’attività del genere.
Posso comunque dire con convinzione che non c’è stata una sola sessione, incluse quelle più problematiche per “il rumore di fondo”, in cui non sia emersa almeno un’idea, un’intuizione, una metafora, un’idea valida: in ogni incontro c’è stato almeno un momento in cui il pensiero critico insito in ogni persona si è affacciato.
La partecipazione, a mio avviso, è stata davvero elevata.
Rispetto agli obiettivi socio-relazionali, mi sembra che il lavoro svolto abbia rafforzato lo sforzo che voi maestre conducete giorno per giorno di rispettare gli altri, di imparare ad ascoltarli, di avere la pazienza di attendere il proprio turno, di partecipare al lavoro di gruppo, di mettere da parte il proprio sé in funzione di un progetto comunitario, di mediare fra le proprie esigenze e quelle degli altri.
Rispetto agli obiettivi logico-intellettivi, si sono manifestati in maniera percepibile progressi, chiaramente diversi da persona a persona, oltre che da classe a classe. Molti bambini sono cresciuti nella capacità di chiarire a se stessi il proprio pensiero e quindi di esprimerlo in maniera comprensibile agli altri. E’ maturata la consapevolezza che non basta dire genericamente “io penso così” o “sono d’accordo/non sono d’accordo”, senza dare le ragioni della propria posizione. Abbiamo assistito al tentativo di tanti bambini di argomentare il proprio pensiero. In questo senso l’alunno è stato stimolato a cercare le prove, gli indizi, dai quali inferire le proprie conclusioni. Si è risvegliata l’attitudine alla domanda (e alla meraviglia così centrale nella tradizione filosofica) e incoraggiata l’attitudine a interrogare gli altri, le parole, i fatti, i racconti per coglierne il senso al di là delle apparenze immediate. Il pensiero dei bambini è stato spesso riformulato affinché potesse correggersi per rispettare i principi logici di base.
E’ chiaro che in un percorso così limitato nel tempo è stato possibile far germogliare solo in maniera embrionale il pensiero critico nella mente dei ragazzi. Per sviluppare i processi avviati e consolidarli, sarebbe necessario un progetto di più lunga durata.
Tuttavia la filosofia per bambini non è un percorso avulso dal percorso scolastico che i bambini conducono normalmente durante l’anno scolastico, ma, al contrario, li aiuta a “pensare nelle discipline” che giorno per giorno affrontano in classe insieme a voi maestre. In altre parole, la filosofia infonde nelle cosiddette abilità di base – leggere, scrivere, parlare, ascoltare – un bagaglio di disposizioni critiche. Una volta che tali disposizioni critiche avranno informato le abilità di base, i bambini dovrebbero importarle autonomamente nelle diverse discipline che incontrano a scuola (italiano, matematica, scienze, storia, geografia…).
Concludo questa relazione ringraziando ancora una volta e singolarmente ciascuna di voi maestre per la disponibilità al progetto, l’accoglienza che avete riservato al sottoscritto e la preziosa collaborazione.
Per me è stata un’esperienza molto bella e fruttuosa, anche se impegnativa. La speranza è di aver sostenuto anche in maniera infinitesimale il vostro lavoro e, soprattutto, di aver acceso qualche piccola luce nelle menti e nei cuori dei bambini.
Attraverso di voi abbraccio idealmente uno ad uno i bambini che ho conosciuto: li poterò a lungo dentro di me.
Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento e, per quanto possibile, per una relazione più mirata sulla vostra classe.
Paolo Perazzolo
Hannah Arendt e la banalità del male per la P4C

Barbara Sukowa interpreta Hannah Arendt nel film di Margarethe Von Trotta.
Fra chi si occupa di Philosophy for Children and Community è sempre vivo il dibattito sul testo-pretesto, ovvero sul testo che viene condiviso dalla comunità e sul quale si innesta poi la discussione filosofica. In precedenza ho indicato come alcune pagine di Javier Marías si prestino perfettamente allo scopo. La letteratura, in generale, se bene selezionata e di qualità, fornisce abbondante materiale in grado di assolvere a questa funzione.
Non solo la letteratura, però. Anche il cinema. Qui voglio ad esempio indicare il film che Margarethe Von Trotta ha dedicato ad Hannah Arendt e in particolare sul reportage che lei elaborò dal processo ad Adolf Eichmann, dal quale scaturì il noto concetto di “banalità del male”.
Ecco il trailer del film.
In particolare, mi pare stimolante per avviare un confronto il discorso con cui l’allieva di Heidegger si difende allorché viene accusata dai dirigenti universitari di giustificare il male con la sua teoria. Le parole che usa toccano corde profonde e saprebbero senza dubbio suscitare una discussione profonda e proficua.
Provate ad ascoltarlo.
Javier Marías e le sue storie filosofiche

Javier Marías
Questo è il mio primo post all’interno del blog sulla categoria “P4C (PHILOSOPHY FOR CHILDREN AND COMMUNITY”. Chi conosce la “filosofia per bambini” sa di che cosa sto parlando; per spiegarlo agli altri, in poche parole, direi che è la pratica della filosofia con i bambini.
Non si tratta quindi di insegnare la storia della filosofia ai bambini, ma di fare filosofia – pensare – insieme a loro. Il metodo adottato è il curriculum Lipman, il filosofo americano collaboratore di Dewey che può essere considerato il fondatore della philosohy for children.
Il curriculum Lipman – ovvero la metodologia attraverso il quale si fa filosofia con un gruppo – è in realtà applicabile a qualsiasi altra forma di comunità: i lavoratori di un’azienda, gli insegnanti di una scuola, gli anziani di una casa di riposo, gli abitanti di un quartiere…
In questa sezione del mio blog tornerò su questa esperienza, sul metodo, sulle iniziative. Per ora mi limito a dire che da poco è iniziata anche la mia avventura in questo mondo: dopo aver frequentato il corso di formazione di Acuto, sto svolgendo il tirocinio per conseguire il titolo di Teacher riconosciuto dal Crif, il Centro per la ricerca e l’indagine filosofica.
Ora, una delle questioni centrali della P4C, sia quando viene svolta con i bambini, sia quando è praticata in altre comunità, è il cosiddetto testo-pretesto, vale a dire quel testo a partire dal quale si innesca la discussione filosofica. Accanto ai testi canonici, in sostanza quelli di Lipman e qualche altro, è aperta la questione di quali testi possano essere assunti per svolgere questa funzione.
Anche su questi temi tornerò in seguito, ma in questo momento mi preme svelare che ho trovato un autore che, con i suoi libri, si presta perfettamente ad assolvere questa funzione. Si tratta di Javier Marías, grande autore spagnolo, vincitore di molti premi, e autore di alcuni romanzi fondamentali come la trilogia Il tuo volto domani e Domani nella battaglia pensa a me (citazione di Shakespeare, un autore a cui è molto legato).
Ebbene, leggendo il suo ultimo romanzo, Così inizia il male, pubblicato come sempre da Einaudi, mi sono imbattuto in una serie di brani che non solo si prestano perfettamente a fare da testo-prestesto per una sessione di P4C, ma sembrano essere stati scritti proprio per questo! Fra i tanti esempi, ne cito un paio. Fra pagina 23 e pagina 25, attraverso i suoi personaggi, portati a riflettere insistentemente sulle cose che accadono, Marías offre spunti di eccezionale forza per indagare i temi della verità, della falsità e della memoria. Poco più in là, fra le pagine 27 e 29, un altro testo assai stimolante per una sessione che verta sui concetti di verità e decisione.
Lo stile dell’autore spagnolo è talmente adatto come punto di partenza per una discussione filosofica che alla fine ho segnato con la classica orecchia alla pagina tutti i brani utilizzabili per tale scopo.
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