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Quando Turoldo scrisse L’albero degli zoccoli
Ritorno sempre volentieri a David Maria Turoldo. Due occasioni in questi giorni mi hanno riportato alla memoria la sua figura e la sua opera.
Nel gennaio del 1963, cinquant’anni fa, fu proiettato per la prima volta Gli ultimi, il film di Vito Pandolfi tratto dal racconto Io non ero un fanciullo del prete-poeta. Una sorta di Albero degli zoccoli ambientato nel suo Friuli. Un film che non godette allora di grande accoglienza, osteggiato anche da una certa parte del mondo eccelesiastico, per la collaborazione con il marxista Pandolfi, e in genere incompreso. È il racconto della civiltà contadina, negli anni in cui l’industrializzazione cominciava ad allungare i suoi artigli, con pratagonisti il pastorello Checo e la sua famiglia. Gli abitanti di Coderno, il paese natale di Turoldo, vi presero parte come attori.
Dopo un lungo periodo di oblio, quel film oggi risorge: sarà disponibile in un doppio Dvd, che contiene sia l’edizione integrale sia quella “corretta” e più breve. Un’iniziativa meritoria – dovuta alla Cineteca del Friuli, al Centro espressioni cinematografiche e a Cinemazero – anche perché emerge non solo il tema della cultura e dei valori del mondo rurale, ma anche quello della solitudine, del sentirsi diversi in un ambiente che non sa riconoscerci.
Il secondo pretesto per rievocare Turoldo è stato il ritrovarmi fra le mani l’edizione dei Salmi da lui curata insieme a Gianfranco Ravasi (San Paolo). Turoldo tende la lingua italiana in modo da restituire con la massima potenza espressiva il senso e la poesia dei Salmi, sollecitato anche dai commenti di Ravasi:
Nessun male ti potrà accadere
né flagello alcuno colpirà la tua casa.
Egli comanderà agli angeli suoi
di vegliare su ogni tuo passo.
Sachs, un filosofo per l’economia
«Alla radice della crisi economica americana c’è una crisi morale, il declino della virtù civica tra le élite politiche ed economiche: mercati, leggi ed elezioni non bastano a reggere una società se chi è ricco e potente manca di rispetto, onestà e compassione nei confronti degli altri e del mondo. L’America ha sviluppato la più competitiva società di mercato, ma nel corso degli anni ha dissipato le sue virtù civiche: senza un rinnovato ethos della responsabilità sociale non potrà esserci una siginificativa e duratura ripresa economica (…)
Dobbiamo essere disposti a pagare il prezzo della civiltà, nei molteplici atti di buona cittadinanza in cui si articola: farci carico di un’equa quota di tasse, approfondire la nostra consapevolezza dei bisogni della società, svolgere con attenzione il nostro compito di custodia a vantaggio delle generazioni future, e tenere a mente che la compassione è il collante della società (…)
La società statunitense è troppo profondamente distratta dall’onnipresenza mediatica del consumismo per coltivare la pratica di una piena cittadinanza attiva (…)
Buona parte di questo libro si occupa della responsabilità sociale di chi è ricco: all’incirca quell’1 per cento di famiglie americane che non sono mai state così bene. Stanno arroccati nella loro posizione di privilegio, mentre circa 100 milioni di americani vivono in povertà o ai suoi marigini (…)
La ferocia della corsa alla ricchezza , a tutti i livelli della società, ha sfinito gli americani, privandoli dei benefici sociali che derivano da fiducia, onestà e compassione».
Frasi liberamente tratte non da un manuale di filosofia morale, ma da Il prezzo della civiltà di Jeffrey D. Sachs (Codice edizioni), uno degli economisti più influenti al mondo, già docente ad Harvard e ora alla Columbia University di New York, direttore dell’Earth Institute, consulente di diversi Governi e istituzioni, da sempre interessato ai temi della giustizia sociale, dello sviluppo sostenibile, del cambiamento climatico, della lotta alla povertà.
È, il suo, un testo straordinario che rilancia un capitalismo misto, in cui il mercato agisce liberamente, però in una cornice di regole stabilite dalla politica e in armonia con interventi pubblici, laddove si rendano necessari. Un saggio di una lucidità e profondità impressionanti, peraltro scritto con incredibile chiarezza.
Fosse per me, dovrebbe diventare un testo obbligatorio per ogni economista, filosofo e politico del mondo.
Per fare riferimento a un altro tema caro a questo mio blog – chi sono i maestri del nostro tempo? ce ne sono? – mi sento di dire che Jeffrey D. Sachs è una di quelle persone, anzitutto, e uno di quei pensatori, in seconda istanza, che dobbiamo annoverare fra i maestri di chi vuole costruire un mondo migliore.
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