L’illusione di vivere senza l’Altro
Qualche anno fa avevo letto un saggio illuminante che spiegava come, nella nostra epoca, il prossimo avesse perso visibilità e consistenza, a causa dell’espansione dell’io. Lo aveva scritto uno psicoanalista molto bravo, Luigi Zoja, che lo aveva intitolato proprio La morte del prossimo (Einaudi).
Qualche giorno fa ho concluso la lettura di un altro saggio che, da una prospettiva più filosofica, non psicoanalitica, affronta lo stesso tema. Si tratta di L’espulsione dell’altro di Byung-Chul Han (Nottetempo). Un saggio non meno illuminante di quello di Zoja, non di facilissima lettura per chi non frequenta la filosofia, ma di estremo interesse, reso comunque piacevole dal ricorso dell’autore alla letteratura e al cinema per condurre il suo percorso.
La tesi di fondo del Byung-Chul Han – un coreano che insegna in Germania – è che la nostra società, dominata dal neoliberismo il cui obiettivo è la produttività, tende a livellare ogni realtà, esperienza ed entità nella dimensione dell’Uguale, cancellando la dimensione dell’Alterità. In altre parole, il nostro mondo è ormai pervaso da un pensiero, una cultura unica che tende ad espellere tutto ciò che non le corrisponde e che non si fa omologare.
La ricerca della massima produttività e, specularmente, del consumo hanno pervaso e invaso la nostra esperienza, grazie anzitutto a un’affermazione incondizionata dell’Io – in ciò l’analisi di Byung-Chul Han coincide con quella di Zoia. Il risultato è una realtà in cui qualsiasi esperienza della differenza, dell’Altro in tutte le sue accezioni scompare radicalmente.
La comunicazione digitale esprime perfettamente questo stato di cose, configurandosi come il linguaggio della nostra epoca: siamo chiamati sempre e solo a esprimere un “mi piace”, non ad articolare il nostro pensiero, in un dialettica costruttiva.
Ciò ha portato l’individuo e la società al benessere e alla felicità? Evidentemente no. Abitante di una casa in cui c’è spazio solo per se stesso, l’individuo è più solo che mai, come sta a denunciare ad esempio l’aumento dei casi di depressione. Il punto è che senza il confronto con l’Altro l’io non è in grado di auto-definirsi, di svilupparsi, di costruirsi come identità specifica. Abbiamo bisogno del riferimento a una Alterità per diventare noi stessi; se quella viene meno, anche l’io è in crisi.
Liberandosi dell’altro l’io pensa di migliorare la sua esistenza, di espandere la sua vitalità, di accrescere le sue possibilità. Invece accade tutto il contrario.
Molti fenomeni dell’attualità possono essere compresi a partire da questa analisi. Lo stesso terrorismo è una ribellione violenta alla legge assoluta dell’Uguale.
L’espulsione dell’altro è un testo con cui vale la pena confrontarsi. L’analisi filosofica diventa chiave ermeneutica del presente.
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