2 Feb 2016

Ai Weiwei: Aylan è tutti noi

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Se l’immagine che vedete vi richiama alla mente Aylan, il messaggio è giunto a destinazione. 

L’uomo riverso sulla spiaggia è Ai Weiwei, grande artista cinese, esule dal suo Paese che non sopporta la libertà. Ha voluto occupare con il proprio corpo lo spazio emotivo e morale, prima ancora che fisico, che aveva occupato Aylan. Non potete averlo dimenticato: è il bambino siriano di tre anni che è stato raccolto, come un fagotto, su una spiaggia turca qualche mese fa.

Apprezzate la scelta del bianco e nera, estetica ed etica insieme. 

Il messaggio è semplice, come lo sono le grandi verità che non vogliamo riconoscere: Aylan è tutti noi, noi siamo Aylan. Homo sum, humani nihil a me alienum puto, diceva Terenzio. Sono un uomo: niente di ciò che è umano reputo che mi sia estraneo. Ecco che cosa ci ha detto Ai Weiwei: ciascuno di noi avrebbe potuto essere al posto di Aylan, o delle migliaia di bambini morti cercando una vita migliore, o di suo padre, di sua madre, dei suoi fratelli. Se la sorte ci ha concesso un giro più fortunato, è perché possiamo dare accoglienza a chi è meno fortunato di noi.

Ai Weiwei – che si trova a Lesbo, meta degli sbarchi, per un memoriale sui migranti che hanno perso la vita e che ha sospeso una sua mostra in Danimarca per protesta contro la legge che prevede il sequestro die beni dei profughi – ammonisce che se l’Europa rinuncia ai valori della solidarietà, dell’accoglienza, della libertà tradisce se stessa. 

In questo articolo ho commentato questo gesto dell’artista cinese. 

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Chi sono

Sono nato a Vicenza nel 1968. Mi sono laureato in Filosofia a Padova con una tesi su Martin Heidegger, poi ho frequentato il Biennio di giornalismo dell’Ifg di Milano. Sono caporedattore e responsabile del settore Cultura e spettacoli di Famiglia Cristiana. Mi sto occupando di Filosofia per bambini e per comunità (P4C). [leggi tutto…]

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