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14 Gen 2013

Pi, Ulisse, Giobbe e l’istinto di sopravvivenza

«Dio, ho perso la mia famiglia, ho perso tutto. Che cosa vuoi da me?». «Tu sia lodato per ogni cosa». Sono alcune delle frasi che Pi grida a Dio, mentre vaga con la sua barca in mezzo all’oceano. Ho visto il film di Ang Lee al cinema, tratto dal romanzo di Yann Martel, poco dopo che aveva fatto incetta di nomination agli Oscar, secondo solo a Lincoln di Steven Spielberg.

È un film che non lascia indifferente lo spettatore. Anziutto per la sua straordinaria potenza visiva (da sottolineare il ruolo di un italiano, Claudio Miranda, alla fotografia): sappiamo che la capacità visionaria di Ang Lee è stupefacente. Alcune sequenze sono fra le più emozionanti che io abbia mai visto al cinema.

Mi ha interessato molto la dimensione filosofica del film. Chi è Pi? Un moderno Ulisse, protagonista di un viaggio che sembra infinito, come le cose che gli insegna? Oppure, meglio, un moderno Giobbe, la cui fede viene provata a livelli sempre più profondi? Pi è un ragazzo aperto alle religioni, da tutte accoglie qualcosa, in un personalissimo sincretismo; a somministrargli lalezione del razionalismo è il padre; la letteratura è l’altra grande maestra della sua vita…

Con questo bagaglio, il ragazzo si troverà ad affrontare una prova quasi insostenibile: quella che pone l’uomo di fronte all’istinto di sporavvivenza. Che ne è, allora, dei principi morali, delle leggi divine, della fede?

Un film che merita davvero di essere visto.

 

Chi sono

Sono nato a Vicenza nel 1968. Mi sono laureato in Filosofia a Padova con una tesi su Martin Heidegger, poi ho frequentato il Biennio di giornalismo dell’Ifg di Milano. Sono caporedattore e responsabile del settore Cultura e spettacoli di Famiglia Cristiana. Mi sto occupando di Filosofia per bambini e per comunità (P4C). [leggi tutto…]

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