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I Nobel ci indicano la strada
Non mi pare che qualcuno abbia osservato che gli ultimi premi Nobel, quelli assegnati nel 2017, sono legati da un filo rosso: sono stati attribuiti a ricerche che indicano quale direzione dovrebbe prendere lo sviluppo, il progresso, affinché contribuisca a creare un mondo migliore e non a peggiorarlo.
Il Nobel per la Medicina a Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael Young è stato assegnato con questa motivazione: «La vita sulla Terra si è adattata alla rotazione del nostro pianeta», e le scoperte dei tre scienziati spiegano «come piante, animali e umani adattano il loro ritmo biologico di modo da sincronizzarlo con il moto della terra».
In altre parole, è stato dimostrato che la vita degli esseri viventi è evoluta ed è andata strutturandosi in sintonia con il movimento di rotazione del pianeta in cui abitiamo.Un’intuizione che faceva parte anche della saggezza popolare, ma che ora ha un fondamento scientifico. Legare i nostri bioritmi al movimento terrestre, quindi al dì e alla notte, alla luce e al buio, è (anche) una questione che ha a che fare direttamente con la nostra salute.
Di questo Nobel si è detto che è “ecologista”, ma in un senso profondo, perché ci ricorda che noi esseri viventi abbiamo un legame profondo e inscindibile con madre Natura e che soltanto una civiltà che rispetta questo legame, in altre parole una società sostenibile o ecologica, favorisce la salute e il benessere dell’uomo.
Il Nobel per la pace è andato invece all’Organizzazione per il bando alle armi nucleari (Ican) «per il suo ruolo nel fare luce sulle catastrofiche conseguenze di un qualunque utilizzo di armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per arrivare a un trattato di proibizioni di queste armi». Il messaggio che arriva è chiaro: investire nelle armi nucleari non può portare a nulla di buono, serve soltanto a creare pericolose tensioni e a porre la basi per la distruzione del mondo. Ha senso insistere in quei negoziati che metteno d’accordo le armi, bloccandone la proliferazione. Ogni riferimento alla Corea del Nord e alla reazione muscolare di Trump è del tutto voluto.
Questi due Nobel dell’Accademia svedese (e il comitato norvegese per quanto riguarda il premio per la pace) scaturiscono da un’attenta e profonda lettura della realtà, dei problemi del mondo contemporaneo, e attribuendolo a determinate ricerche vogliono attirare l’attenzione del mondo su di essi e indicare, per quanto possibile, una possibile via d’uscita. Un premio politico, nel senso alto del termine.
In questa chiave possiamo leggere anche il Nobel per l’economia a Richard H. Thaler, per aver integrato – provo a tradurre la motivazione – economia e psicologia. In altre parole, Thaler ha dimostrato che quando prendiamo decisioni economiche non siamo influenzati soltanto da calcoli razionali (e quindi dalle teorie economiche), ma da molti altri fattori, a-razionali quando non irrazionali, legati alla sfera della psicologia e dell’emotività. Da questa idea nasce la convinzione che i Governi abbiano la possibilità di esercitare una dolce pressione, una sorta di moral suasion per indurre i cittadini a fare determinate scelte, ritenute utili e giuste. Qui si apre un dibattito non da poco per valutare se in questa azione il Governo abusi del suo potere e se abbia il diritto di farlo. Qui preme soltanto evidenziare che la cosiddetta economia comportamentale apre suggestivi scenari sulle sue applicazioni. Vi invito ad approfondire il tema cercando appunto i vari progetti attuati nelle politiche pubbliche, ad esempio quello di chiedere agli automobilisti, nel momento in cui prendono la patente, di indicare se vogliono donare i loro organi, in modo che tutti esprimano la loro scelta.
Non mi sembra vi sia nulla di politico nel Nobel per la letteratura a Kazuo Ishiguro, ma solo il giusto riconoscimento a un grande autore: qui il mio articolo sullo scrittore.
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