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Quelle mostre Experience… che brutta esperienza
Sono di gran moda, oggi le mostre multimediali. Si tratta di esposizioni che non esibiscono le opere degli autori, ma raccontano i loro autori e i loro lavori attraverso video. Spinto dal desiderio di avvicinare i miei figli all’arte, attraverso un linguaggio moderno e a loro congeniale, ho visitato la mostra Inside Magritte alla fabbrica del vapore di Milano, conclusasi a febbraio, e The Genius Experience, dedicata a Leonardo, in corso alla Cripta di San Sepolcro, sempre a Milano.
La mia experience? Deludente.
Provo a spiegare perché. Queste mostre consistono in sostanza in un video di un’ora circa che, puntando su effetti suggestivi e spettacolari, cerca di colpire il visitatore trasmettendogli una serie di informazioni. E in parte vi riesce, grazie a immagini coinvolgenti e ad affetto. Tuttavia, si tratta di un approccio estremamente superficiale all’arte, che lascia piuttosto vuoti. È una forma di fruizione dell’arte che non richiede alcuna fatica, al punto che non costringe nemmeno a confrontarsi con l’opera vera e propria, ma travolge con contenuti quasi esclusivamente visivi che suscitano sensazioni effimere.
Si dirà: è una modalità per incuriosire i più piccoli. In parte sono d’accordo, a condizione che questo genere di proposte venga utilizzato come introduzione a un autore e alla sua opera e venga poi completata con la visione delle opere vere e proprie.
Mi sembra che queste esposizioni “modalità Experience” seguano e alimentino la tendenza oggi dominante di fruire rapidamente e senza sforzo dell’arte (come di tante altre realtà), puntando tutto sulle emozioni, senza la fatica dello studio, della preparazione, dell’interpretazione, del ragionamento. Tante sensazioni, insomma, e poca profondità. E infatti ciò che resta nel cuore e nella mente è davvero poco.
Non avrebbe più senso, intendo anche in relazione all’educazione all’arte delle giovani generazioni, soffermarsi per un mese su una singola opera, spiegarne la genesi, le tecniche, risalire all’artista che l’ha creata, alla sua vita e alla sua epoca, metterla in rapporto con le sue altre creazioni e con quelle di altri artisti coevi o di altre epoche per affinità tematiche? Magari i ragazzi all’inizio dovrebbero fare qualche sforzo, ma sicuramente sarebbe ben ripagato con una soddisfazione ben più profonda e duratura.
Un’ultima nota: perché queste mostre, che non espongono le opere autentiche (una sola, di Warhol, in The Genius Experience), e che quindi non richiedono i costosissimi “affitti” dell’opera con relative spese di assicurazioni, trasporto ecc., hanno biglietti d’ingresso così cari? Esattamente come se si andasse a vedere Antonella da Messina a Palazzo Reale… Si tratta di costi a mio avviso ingiustificabili: commissionare a una qualche agenzia un video multimediale di un’oretta non comporterà mai le stesse spese dell’allestimento di una mostra con quadri “in carne e ossa”, anche a prescindere dalla differenza di valore fra le due modalità espositive.
Per approfondire: Contro le mostre di Vincenzo Trione e Tomaso Montanari (Einaudi).
Infine: visto che ho accennato al tema dell’educazione dei giovani, aggiungo soltanto che la Philosophy for Children (di cui in questo sito parlo molto e che ha spazi dedicati) garantisce una Experience che va in direzione opposta, essendo fondata sul ragionamento, il confronto, la ricerca individuale nella comunità di verità divise. Certo, nel suo farsi chiede più impegno, ma di sicuro regala frutti più succosi…
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