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Onu sul clima, l’homo sapiens che fa?
Avrete letto i resoconti sul Rapporto Onu sul clima, uno studio scientifico frutto di anni di ricerche, incrociate e verificate fra di loro. In sintesi: è in atto un cambiamento climatico significativo, che, nel migliore dei quattro scenari prospettati dagli scienziati, porterà a un aumento della temperatura di 1,5 gradi nel 2100, con relativi effetti sullo scioglimento dei ghiacciai, innalzamento degli oceani, siccità, carestie, danni all’agricoltura… Il dato più importante, su cui il rapporto insiste, è che per il 95% tale cambiamento è imputabile all’uomo.
Trovo impressionate l’indifferenza, la leggerezza, l’apatia, l’ignoranza con cui l’umanità sta affrontando questa che è, a mio avviso, una delle questioni centrali del presente e del futuro. Tanta ignoranza, ma anche tanto egoismo, visti gli enormi interessi economici in ballo. Ricordo la terribile propaganda condotta dagli amici di Bush (petrolieri e affini) negli Stati Uniti per screditare evidenze scientifiche e oggettive.
Che vuole fare del pianeta e del futuro l’homo sapiens? Heidegger ha insegnato che viviamo nell’epoca delle tecnica. Ciò significa che la capacità dell’uomo di modificare l’ambiente non è mai stata forte quanto oggi. Il clima cambia solo in minima parte per l’evoluzione fisica del pianeta, in larghissima parte per l’intervento dell’uomo (l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera). L’uomo non ha ancora imparato a gestire questa forza, non ha ancora elaborato e fatto propria un’etica dell’uso della tecnica. All’abilità tecnica non corrisponde un’adeguata responsabilità.
Il tema del cambiamento climatico, insomma, ripropone in tutta la sua drammatica urgenza la necessità di un’etica. In altri termini: che cosa ce ne facciamo della nostra libertà, della nostra potenza? L’uomo è l’unico essere a poter-dover elaborare un’etica, in quanto è l’unico essere libero. In passato, in questa sede avevo già introdotto l’idea di un’etica del clima (a partire dalle urgenze che il clima determina).
Eppure, l’homo sapiens, guardato da questo punto di osservazione, non sembra così evoluto, così sapiente. O, meglio, ha mostrato di essere sapiens nello sviluppo delle tecnica e della forza, molto più che nello sviluppo e nell’interiorizzazione dell’etica. Non c’è più tempo da perdere: il futuro del pianeta ci impone uno scatto evolutivo, una maturazione della nostra umanità.
Malala, Nobel per la cultura
A Malala, la ragazza pachistana a cui i talebani hanno sparato per impedirle di continuare la sua battaglia a favore dell’istruzione, soprattutto femminile, propongo di assegnare il Nobel per la cultura. Non mi è sfuggito che è candidata al Nobel per la pace, né che esiste il Nobel per la Letteratura o per la Medicina, ma non per la cultura. Tra l’altro, sarebbe un Nobel per la pace meritatissimo: commoventi le sue parole, ieri alle Nazioni Unite, in cui ha ricordato la lezione di Maometto, Gandhi, Gesù, Madre Teresa, Martin Luther King, il valore della non violenza e del perdono… Ancora di più, tuttavia, mi hanno colpito le sue parole sulla forza dirompente dei libri, delle parole, della scrittura. E dunque sul diritto di ogni essere umano all’istruzioine. Ecco perché meriterebbe un ipotetico Nobel per la cultura più di tanti scienziati o scrittori.
Quel suo discorso sul ruolo fondamentale dell’istruzione e sul potere dei libri di cambiare il mondo andrebbe studiato nelle scuole e meditato a fondo da parte di molti intellettuali… Per conoscere un po’ meglio questa straordinaria ragazza di 16 anni, suggerisco Storia di Malala di Viviana Mazza edito da Mondadori.
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