Il senso di Giuttari per la giustizia
Giovedì sera ho avuto il piacere di presentare Michele Giuttari nell’ambito della bella rassegna letteraria di Vigevano. Mi ha colpito molto, questo investigatore, ora in pensione, che dal 1997 è anche un seguitissimo scrittore.
Intanto qualche curiosità. Giuttari ora vive in Germania, in una casa affacciata sulla foresta nera. Scrive in un terrazzo contornato dal verde, dagli alberi e, immagino, da una meravigliosa quiete. Vende tantissimo in generale – in ben 100 Paesi – e negli Stati di lingua inglese in particolare. In Inghilterra, per dire, solo Larsson e Jo Nesbo vendono di più.
Naturalmente non sono mancate “rivelazioni” sulle inchieste e i casi giudiziari che lo hanno visto protagonista. Ha eccezionalmente accettato di parlare del mostro di Firenze: non lo fa volentieri, e anche questa volta ho notato una certa sofferenza nel rievocare questa tragica e incredibile vicenda. La sua ricostruzione del caso è stata da manuale. I presenti hanno potuto finalmente capire che cosa è accaduto, che cosa sia il famoso primo livello – quello degli esecutori materiali, i compagni di merende – e il famigerato secondo livello – quello dei mandanti. Impressionante la serie di tentatativi di allontanare un investigatore di razza come lui da Firenze o, comunque, dalle indagini.
Ma ciò che più di ogni altra cosa mi ha colpito, in Giuttari, è il profondo senso di giustizia e dello Stato. Mi è parso chiaro che la motivazione che, per tanti anni lo ha spinto a cercare i colpevoli dei crimini, è il desiderio di verità e il bisogno di dare giustizia alla vittime. Rispondendo a una mia domanda sulla fiction televisiva sul mostro di Firenze, ha detto più volte che gli era piaciuta perché aveva assunto il punto di vista della vittima e dato voce al suo dolore e alla sua domanda di verità e giustizia.
Avercene di uomini (e scrittori) così…
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