Elenco degli articoli in "Storie (Letteratura)"

6 Ago 2016

Colm Tóibín, la seconda vita di Nora Webster

Colm Tóibín

Colm Tóibín

Oggi vi voglio parlare del romanzo Nora Webster (Bompiani) dell’autore irlandese Colm Tóibín.

Webster, sessant’anni circa, si ritrova vedova dopo la morte dell’amato marito Maurice. Madre di quattro figli – due ragazze più grandi e due bambini ancora abbastanza piccoli – è costretta a reinventarsi, a ridisegnare i contorni delle sue giornate, a riscoprire il senso di quello che fa.

Il problema è che lei non percepisce più questo significato che dà luce e calore alle giornate. È sprofondata in una sorta di apatia, prova insofferenza verso i fatti e le parole che sembrano interessare gli altri. Non aiuta l’ambiente in cui vive: la provincia irlandese dove tutti conoscono tutti.

Eppure Nora deve continuare a vivere: riprende a lavorare nella ditta dove era impiegata da giovane, le figlie e i bambini con le loro necessità la costringono a uscire dalla solitudine in cui vorrebbe sprofondare. La gente intorno a lei non smette di manifestare la propria solidarietà e Nora, a un certo punto, finisce con l’accettare dopo tanto tempo l’invito a uscire di casa.

In una di queste occasioni scopre il canto e la musica, il loro magico potere, al punto da esserne quasi spaventata, perché sente che – seguendone la suggestione – abiterebbe, per la prima volta, uno spazio in cui si troverebbe sola, senza il marito, rievocato in alcuni, rari, flashback.

Siamo alla fine degli anni Sessanta e la vicenda individuale di Nora si staglia sullo sfondo storico dei conflitti che hanno insanguinato per decenni il Paese.

Con Nora Webster Colm Tóibín ci consegna un potente ritratto femminile, la storia di una donna intelligente e ostinata costretta a fare i conti con il dolore e la morte, a vivere la fatica di elaborare il distacco dalla persona amata, a guardarsi dentro e riscoprire sé stessa. Come deve fare, in fondo, il suo Paese, l’Irlanda, per conquistare un futuro di pace.

Storia: 7
Scrittura: 7,5
Copertina: 5,5

L’articolo è stato pubblicato il 2 agosto su Famigliacristiana.it

2 Ago 2016

Simona Lo Iacono (Le streghe di Lenzavacche), quel bambino disabile ai tempi del fascismo

Simona Lo Iacono

Simona Lo Iacono

La lettura di Effatà, qualche anno fa, era stata una bella sorpresa, per cui abbiamo letto con curiosità la nuova prova di Simona Lo Iacono, Le streghe di Lenzavacche, peraltro entrata nella dozzina dei candidati al Premio Strega. E vi abbiamo ritrovato i temi cari all’autrice: la condizione femminile, la prevaricazione sull’infanzia, l’arroganza del potere, l’emarginazione dei diversi e dei disabili, la religione vissuta come superstizione contrapposta a una fede autentica, la forza rivoluzionaria dell’immaginazione e della letteratura…

Siamo nel 1938, il fascismo la fa da padrone. A Lenzavacche, un minuscolo paesino della Sicilia, Rosalba, ­glia di Tilde, una donna che conosce i segreti delle erbe e non solo, vive un’intensa passione amorosa con un arrotino di passaggio, detto “il Santo”, da cui nasce Felice. Un bambino sfortunato, colpito da una grave disabilità, eppure sveglio e allegro. Qualità che non gli risparmiano l’esclusione in un contesto gretto e chiuso. Eppure Felice, sorprendendo tutti, un giorno manifesta il desiderio di andare a scuola. In parallelo, attraverso le lettere inviate da un giovane maestro elementare a una misteriosa zia, scopriamo come l’ideologia fascista abbia trasformato l’istruzione, rendendo gli allievi dei piccoli soldati, bandendo ogni forma di fantasia tacciata come indisciplina e, naturalmente, esaltando la perfezione fisica. Le idee del maestro sono a tal punto controcorrente che rischia di perdere la cattedra.

Simona Lo Iacono si muove abilmente fra diversi registri narrativi – quello in prima persona di Rosalba e quello epistolare del maestro – collegandoli nella parte fi­nale del romanzo con una storia antica, che rievoca le misteriose “streghe” che vissero e furono perseguitate a Lenzavacche nel 1600.

Le streghe di Lenzavacche, di Simona Lo Iacono, e/0

Trama: 7
Scrittura: 7,5
Copertina: 5,5

L’articolo è stato pubblicato su Famigliacristiana.it  il 28 luglio del 2016.

13 Lug 2016

Andrej Longo e la madre che rinuncia alla vendetta

Andrej Longo

Andrej Longo

Da quando ha pubblicato Dieci, ho sempre seguito con attenzione Andrej Longo, lo scrittore che di professione faceva  – non so se lo faccia ancora – il pizzaiolo. Sicuramente lo scrittore ha ormai pubblicato una serie di libri di grande interesse.

Non fa eccezione l’ultimo romanzo, L’altra madre, pubblicato come sempre da Adelphi. La prima parte del romanzo mi ha affascinato meno: non che non sia scritta bene, non che i personaggi non vengano messi a fuoco, non che il contesto sociale e morale – cioè Napoli – non emerga. Soltanto, la storia non è suonata originale, inedita alle mie orecchie.

La seconda, invece, mi ha convinto di più, perché mi ha sorpreso. Ecco, la prima parte non era stata in grado di sorprendermi. 

L’elemento chiave è il comportamento della madre protagonista. Una donna-poliziotto che ha perso l’unica figlia durante una banale scippo. Non si è data pace e cerca di farsi giustizia da sé. 

Se volete leggere il romanzo e non volete rovinarvi la sorpresa, fermatevi qui e tornate a leggere a lettura ultimata per verificare le vostre impressioni con le mie.

A chi vuole proseguire, dico invece che Andrej Longo descrive con efficacia e intensità drammatica una specie di “conversione” nella donna: che cattura il ragazzino responsabile dello scippo tramutatosi in omicidio, lo rinchiude in casa sua e lo sottopone a una serie di “torture”… Fino a che in lei scatta qualcosa, che la porta a rinunciare al proposito di vendetta. Se volete un’analisi approfondita del libro, la trovare cliccando qui. 

Aggiungo soltanto che in questo mutamento d’intenti della donna non vi è alcuna serenità, tanto meno alcuna gioia. Solo rassegnazione…

20 Mag 2016

Paolo Di Paolo, quel quasi che fa la differenza

Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo

Fra i giovani autori, Paolo Di Paolo è uno di quelli che vanno seguiti con più attenzione. Ha già pubblicato libri interessanti e notevoli, che denotano tra l’altro un certo spessore culturale e anche un’attenzione a tematiche di natura spirituale, pur se da un approccio “laico”, che a mio avviso rendono l’autore ancora più intrigante. Un’attenzione, la sua, piuttosto rara fra le giovani generazioni di autori (si veda ad esempio Perché non sono ancora. La resurrezione, Effatà).

Il suo ultimo libro, Una storia quasi solo d’amore, edito da Feltrinelli, torna su un tema caro all’autore, presente in diversi suoi lavori: l’amore. Non soltanto come racconto della passione che può unire due creature, come ho spiegato nella recensione che potete recuperare, ma come metafora delle grandi dinamiche esistenziali e spirituali.

In questo libro, l’amore, il teatro, la letteratura, e anche la fede sono interpretati come luoghi del mistero, come un perdersi nell’altro necessario per trovare se stessi.

12 Apr 2016

Jonathan Franzen? Checché ne dica Bloom…

Jonathan Franzen

Jonathan Franzen

Sapete che Harold Bloom, il più noto dei critici letterari al mondo, se non il più noto, ha un giudizio molto critico rispetto alla narrativa contemporanea. Al punto da catalogarla semplicemente e sprezzantemente sotto l’etichetta garbage, cioè spazzatura.

Tra le vittime della sua feroce critica, figura anche un autore che a me, invece, piace molto: Jonathan Franzen. Da poco è uscito il suo ultimo romanzo, Purity (Einaudi), sul quale ho scritto un’appofondita – almeno mi pare! – recensione che potete leggere cliccando su queste parole. Di lui mi ero occupato anche in precedenza, quando aveva pubblicato Libertà.

Perché penso che Bloom, con tutto il rispetto, si sbagli di grosso? La risposta dovrebbe essere: perché Franzen è dannatamente bravo. Sa creare delle storie in cui il lettore viene risucchiato, un universo di personaggi che diventano tuoi compagni di vita, al punto che – nonostante la mole dei suoi libri – si arriva in fondo rapidamente. Pochi autori sanno scavare a fondo nella mente dei personaggi come lui, mettendone in luce l’insuperabile imperfezione. Proprio l’impurità dei suoi personaggi – per usare la categoria dell’ultimo romanzo – anziché renderceli estranei, ce li rende vicini, favorendo un processo di identificazione.

Aggiungo un ultimo elemento che fa di Franzen un grande scrittore, come lo ha definito, peraltro, il Time dedicandogli una copertina. Pur preoccupandosi esclusivamente di fare buona letteratura, anzi, proprio perché si occupa esclusivamente di fare buona letteratura, le storie che Franzen racconta hanno sempre un risvolto morale. Dalla serie dei suoi scritti emerge sempre più compiutamente il tentativo di elaborare una sorta di critica del suo Paese, l’America, che diventa critica di ogni società contemporanea. Narrando le sue storie, Franzen mette a nudo le nostre miserie, mostrando la realtà per quello che è. Il mondo contemporaneo e noi che lo abitiamo ci troviamo rappresentati in queste pagine.

Ecco perché, caro Bloom, si sbaglia…

12 Mar 2016

Muriel Barbery, il riccio era più elegante degli elfi

Muriel Barbery

Muriel Barbery

Con un po’ d’ironia il titolo sintetizza il mio pensiero su La vita degli elfi (e/o), il nuovo romanzo di Muriel Burbery, l’insegnante di filosofia-scrittrice che aveva ottenuto un successo strepitoso con L’eleganza del riccio. Tanto era convincente quest’ultimo, quanto incompiuta la nuova prova. Eh sì, la magia qui è svanita. In questa recensione racconto la trama e spiego nel dettaglio perché. A questo punto, considerato che dovrebbe seguire un secondo volume sulla vicenda, c’è da chiedersi che sorte avrà, vista la delusione della prima parte.

In La vita degli elfi è bella l’idea di affidare a due bambine orfane poteri straordinari e positivi, in lotta con oscure forze del male. Anche lo sfondo “elfico” poteva aggiungere qualche suggestione. Il problema è che tutto si risolve in un progetto sconclusionato, che alla fine suona pretenzioso.

Confesso che ho letto metà del romanzo in attesa di una svolta, di un salto che desse senso a tutto. Terminata la lettura, e constatata l’assenza di questo cambio di marcia, ho dovuto concludere che si trattava solo di un romanzo sfortunato.

Peccato.

1 Mar 2016

Tiziano Scarpa estasiato dal geco

Tiziano Scarpa. Sullo sfondo, la "sua" Venezia.

Tiziano Scarpa. Sullo sfondo, la “sua” Venezia.

Tiziano Scarpa è un autore da seguire, uno di quelli che prendono sul serio la letteratura. Dai suoi romanzi, c’è sempre da imparare. Dalla lingua, dallo stile anzitutto, al quale Scarpa sembra assegnare una valenza addirittura etica. Le parole, la lingua, insomma la letteratura possiedono una forza capace non solo di leggere e decifrare il mondo, ma persino di modificarla. E’ uno degli strumenti più potenti nelle mani dell’uomo.

Queste considerazioni trovano conferma in Il brevetto del geco, il suo ultimo romanzo edito da Einaudi. Per una recensione più approfondita, rimando a questo link, nel quale ho riassunto trama e indicato possibili letture. 

Qui mi preme sottolineare e aggiungere che in questo romanzo l’autore sembra fare una vera dichiarazione di fede, messa a confronto con altre fedi ritenute – forse – meno affidabili, quando non fallaci.

Mi spiego: uno dei personaggi, Federico, incarna la fede nell’arte; un altro, Adele, il valore della religione. Entrambi i loro “credi”, nello sviluppo del romanzo, mostrano le loro crepe, i loro limiti. Rispetto ad essi, invece, risalta il potere certo e autentico della letteratura.

Chissà che cosa ne pensa Tiziano Scarpa…

12 Gen 2016

Javier Marías (2) e il passato che non passa mai

Un particolare della copertina del romanzo.

Un particolare della copertina del romanzo.

Avevo scritto sull’ultimo romanzo di Javier Marías per sottolineare come si presti perfettamente come testo-pretesto, ovvero punto di partenza e stimolo per una sessione filosofica nell’ambito della philosophy for community (P4C). Non avevo però recensito il libro, che è un grande romanzo, come del resto tutte le altre prove letterarie dell’autore spagnolo, fra i più grandi di oggi.

Come ho raccontato in una recensione dettagliata, che qui potete leggere, in E così ha inizio il male (Einaudi) Marías è abilissimo nell’intrecciare la storia di una coppia con quella della Spagna. A fare da trade union è il rapporto con il passato o, meglio, il modo in cui il presente è condizionato dal passato e da come ci poniamo rispetto ad esso.

Nel caso della coppia, la totale mancanza di comprensione e perdono per una colpa compiuta dalla donna si traduce in un disprezzo tale del marito verso di lei. Mentre lo stesso uomo dimostra flessibilità e disponibilità a stendere un velo sul passato a proposito di un amico che si sarebbe macchiato di gravi nefandezze durante il regime di Franco. 

Perché questo doppio atteggiamento verso una colpa del passato? Solo per il fatto che l’una lo colpisce personalmente, mentre l’altra riguarda in generale il suo Paese e sperare che la giustizia si compia in maniera piena è una pura illusione? Nella recensione citata ho cercato di seguire l’indagine dell’autore spagnolo. 

31 Dic 2015

Michela Murgia, maestra e allievo a lezione

Michela Murgia ha vinto il Campiello con "Accabadora".

Michela Murgia ha vinto il Campiello con “Accabadora”.

Ciò che più mi ha colpito del nuovo romanzo di Michela Murgia, Chirù, edito da Einaudi, è la scrittura, uno stile teso a indagare in profondità la psiche e l’anima dei suoi personaggi. Mi sembra ammirevole la sua capacità di dare espressione attraverso la parola ai moti dell’animo, ai sentimenti, alle vibrazioni interiori.

Chirù è un testo raffinato, nel quale in realtà succede poco: un ragazzo di 18 anni, violinista, chiede a un’attrice affermata di venti anni più vecchia di lui di fargli da maestra. Inutile dire che non si intende certo il tradizionale rapporto fra insegnante e alunno, bensì qualcosa di diverso e più profondo: la ricerca di una guida nella vita.

Non accade molto, in termini d’azione, come dicevo, perché il romanzo si gioca sui percorsi interiori e sulle dinamiche che si instaurano fra i due, fra la maestra e l’allievo.

Un romanzo interessante, che merita sicuramente di essere letto, che porta con sé anche qualche polemica, per il fatto che l’autrice ha creato, ancor prima della pubblicazione, un account Facebook del personaggio che dà il titolo, Chirù appunto, nel quale egli interviene come se fosse una persona vera e propria. In questa recensione ho sviluppato la mia analisi del romanzo. E ho risposto alle punzecchiature di Aldo Grasso sul Corriere della sera.

Mi piacerebbe conoscere l’opinione di chi ha letto il libro della Murgia.

12 Dic 2015

Ishiguro, ricordare o dimenticare il passato?

Kazuo Ishiguro con l'edizione inglese del "Gigante sepolto".

Kazuo Ishiguro con l’edizione inglese del “Gigante sepolto”.

Non delude mai Kazuo Ishiguro. Nei suoi libri ci si perde, perché è uno di quegli scrittori che sa trascinarti in un universo, farti vivere le emozioni dei suoi personaggi, perché senti che sta parlando delle tue stesse emozioni. Oltre all’arcinoto Quel che resta del giorno, Non lasciarmi è un’altra lettura indimenticabile. E avevo ammirato anche la raccolta di racconti Notturni, inspiegabilmente criticata da alcuni.

Di Ishiguro mi incanta la raffinatezza con cui penetra nel cuore dell’uomo e quell’atmosfera struggente e malinconica che è una cifra del suo stile.

Con queste premesse, capirete con quale stato d’animo ho letto il suo ultimo romanzo, Il gigante sepolto, tradotto in italiano come sempre dall’editore Einaudi.

Come spiego nell’articolo che potete leggere cliccando qui, anche questa volta lo scrittore di origini giapponesi, da tempo cittadino inglese, ha fatto centro. 

Si può forse restare stupiti dalla scelta di adottare il genere fantastico, da parte di un autore sofisticato e raffinato come lui. Ma basta leggere poche pagine per rendersi conto che Ishiguro lo declina a modo suo, inventando una nuova, affascinante esplorazione dell’animo umano.

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Chi sono

Sono nato a Vicenza nel 1968. Mi sono laureato in Filosofia a Padova con una tesi su Martin Heidegger, poi ho frequentato il Biennio di giornalismo dell’Ifg di Milano. Sono caporedattore e responsabile del settore Cultura e spettacoli di Famiglia Cristiana. Mi sto occupando di Filosofia per bambini e per comunità (P4C). [leggi tutto…]

Preghiere selvatiche

There's a blaze of light In every word It doesn't matter which you heard The holy or the broken Hallelujah
Leonard Cohen